Internet, chi ha paura del lupo cattivo?

Internet, chi ha paura del lupo cattivo?

Deliri censori contro la rete italiana? Ma l'informazione e la comunicazione da quando in qua sono due cose diverse?
Deliri censori contro la rete italiana? Ma l'informazione e la comunicazione da quando in qua sono due cose diverse?


Ciciliano – All’inizio era il buio, poi arrivarono un sacco di rettiloni alti 15 metri. Si sono estinti ed è arrivato l’uomo e lì sono cominciati i problemi della Terra.

A dire il vero quando gli uomini erano pochi i problemi erano pochi e basilari: cibo, acqua, vestiti contro il freddo. Quando sono diventati tanti, purtroppo qualcuno ha pensato di dividere i compiti e son sicuro che se potessimo tornare indietro nel tempo ci penserebbero due volte prima di far diventare l’umanità un insieme di categorie. Ormai l’uomo è quasi sempre quello che fa e non quel che è.

Finita questa premessina banalotta in stile “sociologia e psicologia da autobus” è necessario comunque non dimenticare mai che l’uomo ha costruito la propria evoluzione, in tutti i sensi, anche grazie alla capacità di comunicare. La biologia insegna che grazie alla evoluta capacità di esprimersi, fino a parlare e scrivere, l’uomo, a differenza degli altri animali, è riuscito a diventare quello che è.

La comunicazione è un bene, una necessità ed un diritto. E infatti la libertà di espressione è riconosciuta a livello universale come un diritto dell’uomo e non a caso negli USA (che piaccia o meno) il primo emendamento della Costituzione parla di questo. Non come la nostra, stakanovista, che al primo articolo già parla di lavoro.

Sicuramente le incomprensioni (vere o di comodo) di gran parte della politica e delle corporazioni italiane risiede lì, in quel primo articolo che invece di parlare di libertà di espressione, di diritti umani e civili parla di lavoro, come se fosse la cosa più importante nella vita di un uomo.

Come se l’uomo fosse il lavoro che compie, o comunque la funzione che si ritaglia all’interno della società; contadino, impiegato, idraulico o giornalista. Ad ognuno il suo ruolo, il suo mattoncino che costruisce la società. “Attenzione a rimuoverne uno che crolla tutto”, ammoniscono in molti di fronte alle rivoluzioni.

Attenti alle macchine che tolgono lavoro all’uomo, attenti agli extracomunitari che tolgono il lavoro agli italiani, attenti ai supermercati che tolgono il lavoro ai piccoli negozi di alimentari. Di fronte ogni piccola o grande rivoluzione scattano le paure più o meno giustificate, e più o meno comode, di chi teme che tutto crolli sotto il peso della novità. Se la rivoluzione industrale nei suoi limiti ha stravolto le modalità della produzione bisogna accettare il fatto che la rivoluzione Internet stravolga le modalità della comunicazione e dell’informazione. Non va persino di moda chiamare questi anni “l’era dell’informazione”?

Che cosa c’entra tutto questo con l’Ordine dei Giornalisti ed i deliri censori che in queste ore e negli ultimi mesi inutilmente pervadono le penne (nel senso più gallinaceo del termine) dei suoi tenutari?

Al tempo stesso tutto e niente.
L’informazione non è altro che comunicazione, comunicazione su larga scala. La Rivoluzione Industriale ha creato dei mezzi di comunicazione (così si chiamano la Televisione, le rotative e la Radio) che non tutti possono gestire, semmai ricevere…

Mezzi di comunicazione in grado di far arrivare le parole di chi può, e solo di chi può, a milioni di persone. Mezzi di comunicazione, così si chiamano, e non “mezzi di informazione”. Sono questi ad aver costituito “quarto” e “quinto potere”, stampa o televisione. Stampa, è bene non dimenticarlo, nata dall’esigenza di comunicare notizie e fatti al maggior numero di persone (i lettori). Realizzata da persone in grado di raccogliere notizie, andarsele a cercare, indagare e quindi informare (i giornalisti).

Ma non sto certo qui a descrivere la figura e la funzione del giornalista che è e rimarrà una figura indiscutibilmente importante nella società. Il fatto è che se nei villaggi medievali bastava il passaparola, nel mondo moderno il quotidiano e la Tv, che avrebbero potuto essere i sostituti del passaparola, del tam tam o dei segnali di fumo, non lo sono affatto.

La Stampa oggi pare pare fermentare in deliri degni dei totalitarismi e delle censure più becere: “Siamo certi che l’opinione pubblica non voglia ricevere notizie non controllate” (dichiarazione dell’Ordine dei Giornalisti). C’è qualcuno, oggi, che vuol convincerci che la comunicazione e l’informazione non siano più la stessa cosa.

Invece grazie ad Internet la comunicazione a migliaia, milioni di persone è alla portata di chiunque abbia accesso alla Rete. Chiunque può mettere on line un sito e parlare delle notizie riguardanti il proprio condominio, il proprio quartiere, la propria città o il proprio paese. O, perché no, il proprio mondo.

E allora ecco i piccoli, poveri e tristi personaggi che non sanno più vedere la comunicazione che c’è alla base dell’informazione, che hanno paura che si crei confusione tra informazione e comunicazione e che quindi vanno in delirio, chiedono censura.

Anche perché i “mattoncini” di cui parlavo prima si aggiungono a migliaia, sparsi per tutto il Globo, si muovono e vivono di vita propria senza aver bisogno di nessuno. Più che paura di cadere a causa del mancato appoggio forse qualcuno ha paura di restare schiacciato, compresso sotto il peso dei mattoncini non timbrati e controllati.

In questi giorni l’Ordine dei Giornalisti italiano parla di una “opinione pubblica da difendere da siti anonimi che diffondono notizie non controllate”. Ma chi li gestisce questi siti? La Rivoluzione? I Ribelli di StarWars? Un gruppo di estremisti nascosti in un trullo di Alberobello? Forze aliene?

Non sono, più semplicemente, i siti (ma perché no anche i newsgroup e le mailing list e tutte le altre forme di comunicazione libere che la rete offre a chiunque) gestiti e scritti, partoriti e riempiti da quella che si definisce ancora anacronisticamente “opinione pubblica”?

Non sono forse persone, uomini e donne, quelli che hanno diritto di esprimersi e di comunicare liberamente e secondo l’articolo 21 della nostra Costituzione (non il primo, purtroppo) “senza autorizzazioni e censure”?

Ma ha veramente senso nel 2000 parlare ancora di “lettori di internet” in un mondo in cui tutti i ruoli sono stravolti, gli intermediari dimenticati, l’accesso alle fonti disponibile a tutti e la libera circolazione delle notizie svincolata da confini e territori?

Potranno anche fermare l’informazione on line, e ricoprirla di inutili bollini blu, ma non potranno fermare la comunicazione. Ok, è la stessa cosa. L’importante è che non glielo diciamo. Tanto certa gente non lo capirà mai.

Luca Schiavoni

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Pubblicato il
19 mag 2000
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