Internet vs Apocalipse

Internet vs Apocalipse

La rete in teoria potrebbe migliorare la qualità dell'informazione, favorire l'espressione, bisogni e interessi dei cittadini senza passare attraverso i soliti impresari del grande varietà
La rete in teoria potrebbe migliorare la qualità dell'informazione, favorire l'espressione, bisogni e interessi dei cittadini senza passare attraverso i soliti impresari del grande varietà


Web – A una mia lettera apparsa su Punto Informatico, con il titolo Internet è un sistema di controllo , hanno risposto alcuni lettori con cordiali consensi, uno con parziale dissenso. Ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto e confesso d’aver provato un po’ di sorpresa nel ricevere i messaggi.

Le obiezioni del lettore che ha dissentito mi sembrano d’interesse generale. Secondo lui, la mia sarebbe una visione apocalittica ingiustificata, perché se è vero che il consumismo può opprimere, è anche vero che ha fatto aumentare i livelli medi di benessere e che chi vuole, può scantonare.

A proposito dell’accrescimento del benessere – che riguarda solo alcune zone del nostro pianeta – rispondo che non lo abbiamo avuto tutto gratis, come l’ultimo cd-rom per collegarci a internet. E’ stato invece il frutto di conflitti politico-sociali che hanno potuto far leva – tralasciando le illusioni ideologiche – su due fattori importanti.

Un fattore è stata la necessità da parte dei sistemi produttivi di un progressivo aumento del numero dei lavoratori e dei consumatori. A favorire questo sviluppo ha contribuito un sistema politico definito democratico. E qui entra in gioco l’altro fattore: l’esigenza di legittimazione democratica del potere. Nel contesto comunicativo, varie circostanze hanno permesso di esprimere attraverso i media – sebbene in modi incompleti – una pluralità di opinioni, ciascuna delle quali sembrava possedere qualche efficacia sulla realtà. Opinioni rappresentative di bisogni, interessi e comportamenti differenziati dei quali il sistema democratico ha dovuto tener conto per continuare a definirsi democratico.

Non è detto che le suddette condizioni si debbano ripetere regolarmente. Dinamiche nuove dell’economia e dei media possono determinare situazioni molto diverse e fasi discendenti tanto del benessere quanto della democrazia. Secondo statistiche recenti, gli italiani hanno minori possibilità di accumulare risparmi rispetto a ieri ed evitano – ricchi a parte – di impegnarsi in debiti a lungo termine. Forse hanno sentito parlare della “fine del lavoro”, o magari l’hanno già sperimentata. Intanto il confronto delle opinioni politiche diventa sempre più uno spettacolo di varietà: contano soprattutto la messinscena e le battute. C’è chi usa anche le barzellette sceme.

Non è strano in fondo che un ex cantante di canzonette – di scarsa fama, ma comunque allenato allo spettacolo – sia riuscito a frullare i cervelli degli italiani con spot prima commerciali e poi politici, fino a far approvare da folle imponenti la propria autoproclamazione a leader carismatico. La vicenda è tale da giustificare ogni pessimismo sull’evoluzione del sistema dei media e dei consumi. Ha già creato un clima al quale credo che nessuno in Italia possa sfuggire.

In questo clima la destra estrema si è rilucidata e in alcune città sono apparsi di recente manifesti pro Haider. Che altro vogliamo? La marcia su Roma? Non è più necessaria. Oggi lo spettacolo della presa del potere basta allestirlo in video. La marcia di conquista si fa a bordo della tv o di una nave da crociera e domani, chissà, forse attraverso internet.

Se arrivano segni di Apocalisse dalla videopolitica italiana, dai Balcani, dalla fame e dalle guerre africane, dalle holding della criminalità organizzata, non mi riesce proprio di girare gli occhi e di scorgere il panorama del migliore dei mondi possibili. A parte il marcio in casa, da scenari più o meno lontani traboccano drammi tangibili nella nostra vita cosiddetta normale, vedi i fuggiaschi dai Balcani o dall’Africa.

Internet, in teoria, potrebbe contrastare molti andazzi dell’informazione, favorire l’espressione di opinioni, bisogni e interessi dei cittadini senza l’obbligo di passare attraverso i soliti impresari del grande varietà. Un po ‘ ci riesce: qualche mese fa il ministro Berlinguer ha dovuto innestare una precipitosa retromarcia dopo essere stato quasi travolto dalle e-mail dei professori incazzati. Ma è poco. Più consistente nell’immediato appare il rischio che in Italia l’internet-informazione diventi una degenerazione di quello che già c’era. In riallestimento stile supermercato.

L’impegno in internet dei grandi editori di quotidiani per ora funziona innanzitutto come censura preventiva globale: evita che altri soggetti occupino spazi importanti di comunicazione e mettano in questione ruolo e poteri della stampa tradizionale. Non è detto che raggiungano lo scopo. Avvertimenti che provengono dalla new economy e da altri fronti della rete dicono che non tutte le web-ciambelle da vendere ai naviganti riescono col buco. Ma la cattiva volontà c’è tutta.

I grandi quotidiani di carta trasferiti in rete invadono un territorio virtuale che non è infinito – come qualcuno sventatamente sostiene – ma è costituito e limitato dalle risorse d’attenzione dei potenziali utenti, risorse oggi crescenti ma non illimitate. Questo territorio è un bene pubblico e come tale andrebbe regolamentato, soprattutto nei suoi usi per l’informazione. Certo non per frenare la libera iniziativa, al contrario per incoraggiare la libertà di tutti impedendo da subito gli abusi di posizioni dominanti.

L’attuale assenza di regole favorisce in pratica chi è in grado di riciclare nei siti il lavoro di apparati già esistenti per altri scopi e di fornire, ancora usando quegli apparati, massicci sostegni promozionali alle attività online. Ne derivano effetti squilibranti non solo per la rete ma per il già fragile pluralismo dell’informazione su carta in Italia. I principali soggetti avvantaggiati dalla situazione appaiono intenzionati a sfruttare il feedback della propria ibrida presenza nel Web per accrescere la diffusione delle edizioni di carta a scapito dei concorrenti minori.

Per il momento, nel settore dell’informazione aumentano un po ‘ le occasioni di lavoro, ma soprattutto di quello nero o grigio. Almeno un accenno ci vuole alla scabrosa questione del lavoro nero giornalistico. Non si tratta di un qualunque problema settoriale-sindacale. E ‘ invece una questione politica decisiva per i modi di produzione, per i contenuti, per la credibilità dell’informazione che circola nella nostra società in un periodo di grandi mutamenti mediatici e non solo.

Ho parlato di presenza ibrida dei giornali nel Web perché si profila evidentemente un modello di giornale-mercatone multimediale in cui informazioni e commenti saranno puro spettacolo per invogliare a comprare questo o quello. Per oliare il meccanismo e insaporire i menu c’è già chi offre ai lettori-clienti apposite carte di credito al peperoncino. Poi importerà sempre di meno che si scrivano e si leggano articoli orientati a destra o a sinistra, ispirati o no da convinzioni morali o religiose, fiduciosi o no nel prossimo arrivo degli alieni sulla terra. L’importante sarà essere pronti – quelli che potranno permetterselo – ad assecondare i consigli per gli acquisti, a cliccare sul banner con l’offerta speciale.

Salvo Vitrano

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Pubblicato il
9 giu 2000
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