Interviste/ Copio Dunque Sono

Interviste/ Copio Dunque Sono

Gabriele Niola intervista Ernesto Assante attorno ad un libro sul nuovo mondo della copia digitale, concepito per circolare in rete
Gabriele Niola intervista Ernesto Assante attorno ad un libro sul nuovo mondo della copia digitale, concepito per circolare in rete

“Copio Dunque Sono – Il secolo del disco è finito”, è il primo libro scritto da un autore di primo piano pubblicato in rete , un autore che abitualmente pubblica con case editrici tradizionali e che ha scelto la stampa on demand per parlare di come il digitale e la possibilità di farci da soli le nostre copie di qualsiasi cosa (e la musica su tutto) sta cambiando il nostro modo di relazionarci all’intrattenimento.

“Copio Dunque Sono” si vende unicamente online su ilmiolibro.it (variazione italiana sul tema di Lulu.com), non ha un editore e non ha intermediari, come la musica o i film scaricati è un prodotto immateriale. A scriverlo è stato Ernesto Assante , giornalista di Repubblica e fondatore di Repubblica.it, critico musicale e esperto di nuovi media che da anni studia e scrive intorno alle rivoluzioni che il mondo della musica sta affrontando in rete, cambiamenti che solo per una questione di Mb sono arrivati a colpire per prima la musica ma che lentamente coinvolgono tutte le forme di intrattenimento e di veicolazione della proprietà intellettuale.

Come si capisce dal titolo, il libro annuncia la fine dell’aura di originalità e l’inizio di un’era in cui la capacità di generare le copie non è più un’esclusiva delle major ma alla portata di tutti. Un’era in cui i supporti svaniscono e la musica diventa immateriale perdendo il proprio valore ma acquistando possibilità di veicolazione inedite tra computer, tra telefoni e tra lettori mp3.

Non è solo il concetto di copia ad evolversi ma anche il potere di copiare le cose. Il libro quindi usa il filo rosso della storia del disco per spiegare com’era il mondo prima dell’avvento del digitale e di Internet e come è adesso. Il nuovo mondo della copia non riguarda solo la musica, ma nel frattempo ha cambiato il nostro modo di intenderla.

Allo stesso modo quindi anche il libro non ha un originale, non viene stampato in un numero definito di copie ma è distribuito direttamente dall’autore ai propri lettori. E proprio all’autore abbiamo chiesto il perché.

Punto Informatico: La prima domanda che viene mentre quando si clicca per comprare online Copio, Dunque Sono è “perché pubblicarlo online se si ha la possibilità di pubblicarlo con un editore?”, davvero i margini per un autore sono così esigui?
Ernesto Assante: I margini sono esigui per chi vende un numero di copie limitato, molto migliori per i “grandi autori” che vendono decine di migliaia di copie. Il “Self publishing” può essere una buona alternativa per chi vende poche copie, per chi fa testi specializzati indirizzati a un pubblico ben caratterizzato. Perché pubblicarlo online? Perché prima o poi un gran numero di persone faranno così. Perché qualcuno deve iniziare. Perché è una cosa importante. Perché dimostra che si può fare. Perché divento editore di me stesso.

PI: Nel libro l’operazione di copia è descritta come una pratica tutt’altro che passiva e meschina (come siamo stati abituati ad intenderla) ma anzi molto attiva e colma di potenzialità creative. In che senso?
EA: Se io prendo tre righe di un pezzo di Scalfari, le copio in un mio articolo e le uso tali e quali, accanto a tre righe di un pezzo di Giuseppe D’Avanzo e a tre righe di un pezzo di Curzio Maltese, ho semplicemente copiato tre articoli di tre grandi giornalisti. Se io prendo gli stessi pezzi e li uso nel mio “word processor”, elaboratore di parole (così si chiama e questo, in realtà, fa), smontandoli, rimontandoli, mescolandoli, integrandoli, facendoli diventare cosa completamente diversa da quello che erano in originale, non sto copiando. Accade già in musica, lo fanno i dj. Ma anche mettere una canzone dopo un’altra in una playlist, o in un cd masterizzato è un opera creativa.

PI: Contrariamente a quello che si può immaginare nel libro, quasi non si parla del fenomeno della pirateria. Eppure è una delle cose più importanti che stanno accadendo oltre ad essere centrale per il concetto di “copia”…
EA: Il libro è tutto sul concetto di copia e quindi in realtà parla, praticamente sempre, di pirateria. Nel senso che spiega che le nuove copie digitali sono uguali agli originali, quindi il concetto di pirateria, come lo abbiamo fino ad oggi inteso, cambia. Sono tutti originali, non ci sono più copie. Non ci sono più dischi “falsi”, ma dischi “illegali”, nel senso di originali distribuiti illegalmente e copiati illegalmente.

PI: Ritiene che la musica stia vivendo con l’era di internet un momento cruciale di ridefinizione della sua distribuzione e fruizione al pari del cinema oppure che sia una cosa tutta peculiare?
EA: La rivoluzione della distribuzione e fruizione del cinema è all’inizio, quella della musica è in piena maturità. Il momento è cruciale perché tutto viene messo in discussione, nella musica. Accadrà lo stesso, sta accadendo lo stesso, per il cinema, la tv e i giornali. Poi accadrà per i libri e così via.

PI: Alla fine del libro si afferma con una certa forza l’esigenza del ritorno del vinile, proprio per l’evolversi clamoroso degli ultimi anni delle tecnologie della musica. Non le pare un paradosso?
EA: È un paradosso, ovviamente, ma non tanto campato per aria. Nel senso che mi premeva di ribadire che il disco è un opera e che va conservato in quanto tale, come un libro. Cosa che non accade con i file, che sono volatili e accade sempre meno con i cd, che sono “usa e getta”. Il vinile è inamovibile, solido, non copiabile nella sua forma originale, un buon antidoto alla pirateria fisica. Non si vendono dischi in vinile falsi.

a cura di Gabriele Niola

nota bene: L’autore dell’intervista ha collaborato alla stesura di “Copio Dunque Sono”

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
23 gen 2009
Link copiato negli appunti