IT, la leggenda del Santo Click

IT, la leggenda del Santo Click

Leggende metropolitane diffuse a mezzo bit. Che qualche volta hanno un fondo di verità, e qualche volta no. Ma che valgono comunque la pena di essere raccontate
Leggende metropolitane diffuse a mezzo bit. Che qualche volta hanno un fondo di verità, e qualche volta no. Ma che valgono comunque la pena di essere raccontate

Nessuno sa chi per primo abbia dato il via, in buona o in cattiva fede, a racconti e storie ambientati in quel “tempo prima del tempo” – così definiva l’età del mito Rudolf Otto – i cui protagonisti si ergono al di sopra dei comuni mortali e delle loro contingenze terrene. Dismessi centauri e dei dell’Olimpo, orchi ed elfi, la leggenda contemporanea vive di tecnologia, l’apice del razionalismo non sfugge alla dimensione umana, vuoi perché asseconda e conferma i nostri (pre)giudizi o timori, vuoi perché è ancestralmente insita in noi.

Il logo Apple è un omaggio ad Alan Turing
Turing , matematico di prima grandezza, padre della moderna informatica e genio nel senso pieno della parola, morì per il morso di una mela avvelenata, probabile suicidio anche se l’omicidio o l’incidente non si possono scartare del tutto. Maggiori sicurezze invece nutrono quei sostenitori della Apple che hanno voluto vedere nel logo aziendale un legame con la inusuale dipartita del crittografo britannico. Certo sarebbe una citazione colta e gradita all’autostima degli utenti Mac, Turing ha sempre pensato fuori dagli schemi sia nella vita lavorativa, sua l’intuizione che rese comprensibili i messaggi criptati dalla macchina Enigma dei nazisti, sia in quella privata, non rinnegò la propria omosessualità in tempi dove veniva considerata insieme un crimine e una malattia mentale: un precursore vivente di quel “Think different” che è lo storico slogan della casa di Cupertino.

Le speranze già incrinate dalla primissima versione del marchio di breve durata, l’effige di Newton nella celeberrima scena in cui scopre la legge di gravità, si infrangono contro un’intervista recente a Rob Janoff , grafico autore di quel logo: “(Il morso, ndr) toglieva ogni dubbio alla gente che si trattasse di una mela”, e inoltre a dire di Jobs la sfumatura arcobaleno sottolineavano l’uscita video a colori di qualità superiore dell’ AppleII .

Internet Privacy Act, poliziotti e avvocati non possono entrare
Nel 1995 l’allora Presidente Clinton emana una legge chiamata Internet Privacy Act , la quale impedisce ai navigatori, in nome della privacy, l’accesso a siti quando sia finalizzato a raccogliere prove contro il loro gestore, il provider o i clienti dello stesso, annoverando tra gli esclusi anche gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e i rappresentanti legali di chi da quei siti sia stato danneggiato. Almeno è quanto vorrebbero farci credere tutti quei webmaster sulla cui frontpage appare, in diverse stesure, il testo della sedicente normativa.

Diffuso in maniera virale tra chiunque avesse affari loschi online da nascondere, dal commercio di marchi contraffatti ai medicinali vietati, cerca plausibilità nell’assonanza col Consumer Protection Against Computer Spyware Act , questa sì legge vera ed approvata nel 1996 contro il dilagare di spyware. È contrario alla giurisprudenza nazionale e internazionale intralciare indagini dell’autorità giudiziaria e questa foglia di fico apposta sulla homepage deve anche mettere in guardia l’incauto navigatore dall’acquistare qualsivoglia oggetto o servizio al suo interno.

Polybius, il videogioco che fa impazzire
Polibio fu uno storico greco schiavo a Roma e da lui prende il nome Polybius , un coin-op fantasma uscito tra nel 1981 su progetto di Sinnesloschen (“deprivazione sensoria” in tedesco), non meno etereo team di sviluppatori incaricato da una compagnia sudamericana di cui non ci è dato conoscere gli estremi. L’abbondanza di fonti e testimonianze, pur contrastanti, stride con l’assoluta esiguità di materiale concreto, ad oggi nessuno ne ha rilasciato un dump della ROM e le uniche due foto sono di scarsa affidabilità.

Tutti comunque sembrano concordare sulla breve vita dei pochi cabinati distribuiti nei bar di Portland in Oregon: sempre affollati da capannelli di curiosi erano però fonte di emicranie, crisi epilettiche e amnesie. L’immancabile componente di complottismo governativo aggiunge frequenti visite di “men in black” a prendere nota degli effetti del gioco sul pubblico, esperimento condotto sulla pelle degli ignari videogiocatori (eredità a sua volta di un’altra leggenda urbana secondo la quale gli stessi annotavano i nomi coi punteggi più alti a Space Invaders, Defender e Galaga). Le ricostruzioni tentate finora lo ritraggono come un clone di Tempest arricchito di elementi psichedelici , mentre altri lo definiscono un puzzle-game poligonale.

Tra questi c’è tale Steven Roach, sedicente autore col resto del suo gruppo in Cecoslovacchia, che rispondendo alle domande di BitParade cerca di smorzare i toni riducendolo ad un buon titolo indegno di tale sfortuna, mentre un anonimo qualificatosi come ex-sviluppatore Sega getta benzina sul fuoco parlando di piani ben definiti per farne uno strumento di controllo del pensiero . Di fatto ignoto in Europa, lo stato di leggenda associato a Polybius nel folklore pop americano gli è valso un cameo nel terzo episodio della diciottesima stagione dei Simpsons , tributo verso un mito duro a morire.

Il DOS non è pronto finché Lotus ci gira ancora!
Grido di battaglia attribuito alla Microsoft, fu il primo di una successiva ridda di voci sul sabotaggio interno contro software della concorrenza. Adam Barr è andato a sentire dalla viva voce dei testimoni dell’epoca : se i veterani di Redmond ricordano di aver dovuto “apportare cambiamenti al DOS per aiutare vecchi applicativi che facevano cose orribili come scrivere su files che avevano già chiuso il loro FCB ” o “Lotus 1-2-3 era una delle parti obbligatorie della retrocompatibilità”, è la vecchia guardia di Lotus a mettere la parola fine alle speculazioni: “Ricevevamo beta del DOS su cui testare 1-2-3 e gli errori che riscontravamo erano bug del DOS che poi la Microsoft sistemava”.

Infine, osserva uno dei collaboratori, “Chi avrebbe comprato un DOS che non avesse fatto girare 1-2-3 nel 1984?”. La Microsoft si era vista spodestare il suo spreadsheet Multiplan da Lotus e questa pareva una plausibile vendetta, poi coronata nel sorpasso di Excel sul prodotto della concorrenza. I potenziali eventi alla base di tale mito sono indicati da alcuni nei conflitti tra MS-DOS 4 e i programmi rilasciati prima della sua uscita, mentre altri puntano il dito verso il sistema di protezione di 1-2-3 naufragato nel passaggio dalla release 1.x a quella 2.x del DOS: in ogni caso questa leggenda è ancora oggetto di aspre polemiche .

Il traffico Internet raddoppia ogni 100 giorni
Questa sorta di legge di Moore della telematica ricevette il dogma dell’infallibilità grazie alla comparsa in un dispaccio del Dipartimento del Commercio USA nel 1998: la frase fu presa per buona da tutto il settore, le telco e tutte le aziende della bolla dotcom pianificarono le loro azioni di conseguenza salvo venire smentite dai fatti con perdite onerose. Nessuno sembra essersi chiesto allora dove originasse una simile affermazione: Andrew Odlyzko, ricercatore dell’Università del Minnesota, dalle pagine dell’ Economist ritiene si tratti di qualcuno molto in alto alla Worldcom, ed in particolare l’ex-CEO Bernie Ebbers o il suo successore John Sidgmore.

La compagnia americana fece il paio con la Enron nell’immenso scandalo finanziario di sette anni fa cui non è immune lo stesso Ebbers : anzi, fu lui a beneficiare grazie alle stock options delle conseguenze delle sue frottole prive di riscontri reali come appurato dalle indagini e sancito dal verdetto del processo. La credibilità della WC consisteva nella sua sottoposta UUNET, uno dei più grandi nodi Internet del pianeta, dalla cui analisi si potevano avere dati realistici: non altrettanto plausibili erano i tassi di crescita ipotizzati, rileva Eugenie Larson in un suo pezzo su Light Reading , veri solo se riferiti ad un breve periodo tra il 1995 e il ’96.

L’inghippo consisteva nell’offrire una banda di 1.5 Mbit ai nuovi abbonati e conteggiare il flusso di Kb come se la usassero a pieno carico 24 ore al giorno. I guadagni ottenuti nell’immediato tramite venture capital e rialzo borsistico grazie a quelle statistiche gonfiate si tramutarono in pesanti passivi di bilancio allo scoppio della bolla speculativa.

Fabrizio Bartoloni

I precedenti interventi di F.B. sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il
9 apr 2009
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