La “Bozza definitiva” del “Codice di autodisciplina a tutela della dignità della persona sulla rete Internet” è stato presentato agli operatori Internet dal ministro degli Interni Maroni e dal viceministro alle Comunicazioni Romani.
L’idea era stata avanzata da qualche mese (già a dicembre ) dalla maggioranza, e rilanciata in concomitanza con il caso Vividown. Nel frattempo è stata cancellata la dicitura “Internet mi fido”, nome con cui era conosciuta l’iniziativa, ma l’intento è il medesimo: costituire una sorta di bollino per spazi online che funga da “garanzia di rispetto dei principi fondamentali della libertà” e “contro l’uso malevolo delle informazioni e dei contenuti diffusi”. Un modo per assicurare gli utenti che i contenuti non incitino “all’odio, alla violenza, alla discriminazione, ad atti di terrorismo, o che offendano la dignità della persona, o costituiscano una minaccia per l’ordine pubblico”, e conciliare “la salvaguardia della sicurezza pubblica, la dignità della persona e il suo diritto alla privacy e alla riservatezza”.
D’altronde, per il Governo italiano è “essenziale che sia assicurata da parte dei soggetti che vi operano, a titolo imprenditoriale o meno, un’azione di vigilanza sulla rete che renda possibile, a seguito delle segnalazioni opportunamente ricevute, un controllo ex-post dei contenuti, veicolati o ospitati, al fine di garantire la liceità degli stessi ed il pieno rispetto della dignità umana, il rifiuto di ogni forma di discriminazione”. E l’autodisciplina è ritenuto un mezzo efficace.
Il principio è quello del marchio di qualità comunemente usato, per esempio, per i prodotti agroalimentari: in quel caso si tratta, a grandi linee, di determinate caratteristiche e processi produttivi che vengono riconosciuti come indice di qualità di prodotto tale da meritare un bollino di garanzia (su cui vigila un Comitato di qualità) il quale viene costruito ad hoc per distinguere il bene dai concorrenti meno efficienti e agevolare così il consumatore nella scelta.
Dell’autoregolamentazione come alternativa ad un intervento diretto o strumento complementare alla legislazione tradizionale parla anche il Parlamento europeo, tra l’altro con una raccomandazione sotto forma di “Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet”: la speranza per il Governo è che l’iniziativa italiana non rimanga un unicum, ma che altre realtà la seguano possibilmente creando un quadro di Internet di qualità a livello europeo che possa, meglio di un’ottica schiacciata sui confini nazionali, rappresentare un controllo realistico sui contenuti.
In Internet ciò si declina con diversi obblighi a carico dei soggetti che decideranno di aderirvi e la costituzione di un Comitato di Attuazione dl Protocollo , cui spetterà il compito di “definire le caratteristiche del logo identificativo del marchio di qualità” e concederne l’utilizzo agli aderenti vigilandone gli effettivi adempimenti e le modalità in cui verranno applicate. “I soggetti e le Associazioni di categoria – si legge nella bozza definitiva – firmatarie del presente Protocollo si impegnano ad applicare e far rispettare il Codice di Autodisciplina nell’ambito delle rispettive competenze”.
Per i Web service provider ciò significa l’obbligo di “rimuovere tempestivamente i contenuti illeciti adottando procedure che garantiscano l’effettività di tale tutela”, mettere a disposizione (chiaramente e direttamente) “un apposito link a modelli di segnalazione e di reclamo” e garantire la trasparenza in tutte queste operazioni in modo da escludere ipotesi di censura su segnalazioni non corrette. Inoltre loro compito sarà anche inserire le regole del Codice nelle condizioni generali sottoposte agli utenti.
Per gli access provider che decideranno di aderirvi, invece, il principale impegno è assicurare una “tempistica collaborazione con le autorità giudiziarie e le forze di polizia” qualora necessario.
L’adesione, i qualità di strumento di autoregolamentazione, resta volontario, ergo sarà il valore che gli attribuiranno utenti e operatori a garantirne il successo o decretarne la sconfitta. Nell’ultima riunione organizzata dal Governo che si è occupata del Codice erano presenti Microsoft e Google, ma mancavano altri importanti soggetti tra cui Facebook .
Claudio Tamburrino