Italia, l'utopia del paperless

Italia, l'utopia del paperless

di Fabio Annovazzi - Ci sono servizi web che aiutano ad eliminare la carta. Senza dover passare sotto le forche caudine dei costi e della complessità della firma elettronica tradizionale. Il problema? Il Legislatore non lo sa
di Fabio Annovazzi - Ci sono servizi web che aiutano ad eliminare la carta. Senza dover passare sotto le forche caudine dei costi e della complessità della firma elettronica tradizionale. Il problema? Il Legislatore non lo sa

Going paperless , inteso come cambiamento dei processi, non come semplice eliminazione dei “faldoni”, presenta enormi possibilità di guadagno d’efficienza. Peccato che la legge italiana sia improntata ad una discutibile esigenza di sicurezza “assoluta” (che si porta appresso una assoluta complessità e una assoluta non-usabilità…) e ad un rigetto del sano principio dell’agnosticismo tecnologico. La legge italiana “vuole” una tecnologia particolare, il PKI, che (forse) è la più sicura e la più aperta ma (certamente) è troppo complicata per essere usabile.

Il risultato è che in Italia si dematerializzano gli archivi “morti”, ma si fa poca “vera” ottimizzazione dei processi.

Alcune start-up stanno avendo un certo successo con un approccio pragmatico che ignora (o rende irrilevanti) buona parte dei principi razionali sulla base dei quali il nostro legislatore ha costruito il suo castello giuridico.

Shoeboxed.com nasce per risolvere il problema della gestione di ricevute e scontrini da parte di privati e professionisti. Il servizio è interessante per quelli che odiano perdere ore per mettere in ordine gli scontrini per la nota spese o la dichiarazione fiscale.

Funziona così: si ricevono a casa delle belle buste blu, pre-affrancate e pre-indirizzate. Ci si infilano dentro gli scontrini e si rispedisce la busta. Pochi giorni dopo i nostri scontrini li ritroviamo sul sito, scannerizzati e “interpretati” con tecnologia OCR.

A questo punto è un attimo classificarli per “classe di spesa”: la nota spese diventa un affare da 5 minuti.

Shoeboxed non firma i file immagine degli scontrini né vi appone la marca temporale. Un simile servizio in Italia non sarebbe “legale”. Ma è un peccato.

Peraltro, a pensarci bene, non si capisce bene a cosa serva l’obbligo di firmare e apporre la marca temporale sui file immagine di ricevute e scontrini conservati presso un terzo. Firma e marca temporale “sigillano” il file, fornendo la prova che non è stato modificato dal momento in cui è stato caricato sul sito. Il dubbio è, ma modificato da chi?

Se tre anni fa io ho inviato a Shoeboxed la mia ricevuta della pizzeria, e loro l’hanno scannerizzata, firmata, time-stampata e caricata sul sito, si ha la certezza assoluta che non è stata modificata né da me (ma se io l’avessi modificata successivamente, la data di caricamento sul sito sarebbe stata successiva, senza bisogno di firma, o no?) né da un loro dipendente che io, in assenza di firma e marca temporale, avrei potuto tentare di corrompere per sostituire la mia ricevuta della pizza con un’altra, immagino, di importo maggiore. Stiamo scherzando?

Xyzmo.com ha capito che qualche ragione ci deve essere se la firma digitale non vuole saperne di decollare e ha sviluppato uno strumento che permette di firmare documenti digitali in un modo molto simile a come firmiamo i documenti cartacei.

La firma si appone con uno stilo su un “pad”, e un software riporta l’immagine della firma sul documento, come se fosse stato firmato a penna. Oltre al tratto, il software registra altre caratteristiche biometriche della firma (la velocità della scrittura, la pressione,…) che – pare – sono uniche a ciascuno di noi. Secondo Xyzmo si tratta di una firma più sicura della firma “scritta”.

Il problema è che non si tratta di una firma “digitale” PKI.

Xyzmo è “legale” anche da noi, ma è assai probabile che molti non si arrischieranno ad utilizzarla per paura di incappare nelle ire di qualche khomeinista del PKI. Di nuovo, è un peccato.

Echosign.com propone un sistema intelligente per firmare elettronicamente i documenti. Anche qui, niente certificati, e niente PKI.

Con Echosign il documento da firmare viene trasmesso al firmatario per semplice posta elettronica. Il ricevente può cliccarci sopra e “firmarlo” elettronicamente inserendo le proprie iniziali, o stamparlo, firmarlo con la penna e faxarlo ad un fax server di Echosign che automaticamente “riconosce” il documento.

In entrambi i casi, il documento firmato elettronicamente viene inviato nelle mailbox delle parti, ed è consultabile sul sito.

Il servizio paga la sua estrema usabilità con una sicurezza un po’ più bassa in termini della certezza dell’identità di chi firma. Se volete firmare un contratto per l’acquisto della nuova casa, probabilmente non è lo strumento giusto.

Ma se il vostro problema è che avete decine di venditori in giro sul territorio a fare firmare contratti, un servizio del genere potrebbe venire molto comodo e garantire un livello di sicurezza adeguato. British Telecom lo usa, non per siglare i contratti multimiliardari, ma per gestire decine di migliaia di ordini.

Anche qui non si tratta della firma “digitale” tanto cara al legislatore. Si tratta di una soluzione, ragionevolmente sicura, ad un problema concreto di business. Il che non vuol dire che sia illegale ma, ancora una volta, chi si arrischierebbe ad usarla?

Earthclassmail.com è un servizio che permette di ricevere la propria posta cartacea su un indirizzo “virtuale” (si può scegliere un indirizzo di prestigio, come Park Avenue…) e poi “vederla” sulla propria casella di posta elettronica.

Il sistema permette all’utente di scegliere quale posta buttare, quale fare scannerizzare, e quale farsi recapitare in originale: in pratica potete “ricevere” anche la posta cartacea sul vostro Blackberry.

Il servizio non prevede alcun tipo di “firma” o altro meccanismo di protocollo per “dimostrare” l’avvenuta ricezione della posta, o che il file scannerizzato corrisponde effettivamente al documento cartaceo inviato per posta.

Ma serve veramente?

Noi siamo un paese ossessionato dalle raccomandate, forse perché siamo cresciuti con un servizio postale che di tanto in tanto perdeva della corrispondenza. Adesso la situazione è molto diversa. Le Poste Italiane funzionano bene quanto le Poste Svizzere o l’USPS. Negli Stati Uniti, la raccomandata esiste per casi particolari, ma la presunzione – forte – è che quello che è stato spedito è anche stato recapitato.

Fabio Annovazzi

I precedenti contributi di F.A. sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il
23 set 2008
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