Web – Kazaa e i suoi partner hanno confermato che la scorsa settimana il traffico generato da advertising degli utenti del “rivale” Morpheus è stato reindirizzato ai propri server. Sharman Networks, che distribuisce Kazaa ha negato qualsiasi responsabilità in merito e ha anzi affermato di ritenere quanto accaduto un probabile attacco telematico contro i propri server del tipo “denial-of-service”.
Secondo Sharman Networks, infatti, il proprio sito web “ha subito un imponente attacco denial-of-service” lo scorso 28 febbraio che ha di fatto bloccato la possibilità di scaricare il proprio software di file-sharing. “Il team tecnico di Sharman Networks – ha affermato l’azienda in una nota – ha scoperto che il sito Kazaa.com è stato bombardato da centinaia di migliaia di richieste HTTP e dai nostri log emerge che queste richieste arrivano dal server dell’advertising di Morpheus”.
Va detto però che anche StreamCast Networks, che distribuisce Morpheus aveva nei giorni scorsi parlato di attacchi contro i propri server, al punto da “sganciare” il proprio sistema di file-sharing dalla rete che Morpheus condivideva con Kazaa e Grokster. “A quanto pare – ha spiegato il CEO di StreamCast Steve Griffin – i nostri server sono stati attaccati e questo ha provocato l’invio di messaggi da qui ad altri siti al di fuori del nostro controllo, in un attacco che ha minacciato il nostro modello di business”.
Le aziende hanno entrambe affermato che stanno investigando l’accaduto.
Per Morpheus il momento è doppiamente delicato perché, dopo aver effettuato un passaggio molto dibattuto alle tecnologie di file-sharing sotto Gnutella, è arrivata una decisione per nulla favorevole dal tribunale che deve giudicare il sistema di condivisione.
Come noto, StreamCast Networks, adottando la cosiddetta “difesa Betamax”, aveva chiesto al tribunale di cancellare le accuse delle major della musica e del cinema secondo cui Morpheus incoraggerebbe la pirateria. Una difesa basata sul fatto che i videoregistratori Betamax negli anni ’80 erano stati assolti dalla Corte Suprema americana dalle accuse di favorire la pirateria, in quanto i device hanno almeno una destinazione d’uso perfettamente legale. Allo stesso modo, sostiene StreamCast, va considerato l’uso non solo illegale che si può fare di Morpheus.
Ora il giudice che presiede il caso intentato dalle major contro Morpheus ha stabilito che prima dell’avvio del procedimento legale vero e proprio non è possibile stabilire se quel tipo di difesa sia applicabile e che dunque il processo deve andare avanti. Una decisione che non impedirà comunque all’azienda di riproporre le sue tesi, sostenute anche dalla Electronic Frontier Foundation , nel corso del dibattimento.