La biometria divide l'Italia

La biometria divide l'Italia

di L. Assenti - C'è un conflitto che non vuole essere palesato ma che risulta ormai evidente tra il Garante per la privacy e il Governo, in particolare il dipartimento all'Innovazione
di L. Assenti - C'è un conflitto che non vuole essere palesato ma che risulta ormai evidente tra il Garante per la privacy e il Governo, in particolare il dipartimento all'Innovazione


Roma – Inutile nasconderselo, l’avvento delle tecnologie biometriche e, con esse, delle nuove possibilità di controllo, autenticazione, identificazione e monitoraggio, ha iniziato a scavare un baratro tra alcune istituzioni, quelle che più di altre devono e dovranno prendere decisioni in materia .

Come si ricorderà, recentissimamente il ministro all’Innovazione Lucio Stanca ha preso una posizione ferma su questo fronte, posizione che si fonda su due importanti convinzioni. La prima è che la biometria possa effettivamente risolvere non poche problematiche di sicurezza. La seconda è che il problema non è raccogliere dati personali o sensibili del cittadino quanto trattarli con il massimo rigore. Non solo, Stanca lega l’avvento delle tecnologie biometriche ad un più alto tasso di “libertà e democrazia” ed attacca chi ritiene che questi apparati, capaci di registrate dati unici di ogni corpo umano, si pongano in contrapposizione rispetto alla privacy. Chi lo pensa – ha spiegato – “dimostra di non comprendere a fondo l’argomento”.

Già. Eppure a pensare che vi siano pericoli, potenziali certo, non è un soggetto qualunque. E’ il Garante per la privacy che, a fronte della irremovibile posizione di Stanca, rischia di rivelarsi più che un ufficio una sorta di ultimo baluardo .

Dopo i ripetuti e lucidissimi interventi di Stefano Rodotà, teoreta dell’ uomo connesso e preconizzatore del corpo-password , nello stesso giorno delle esternazioni di Stanca un altro autorevole componente dell’Autorità garante dei dati dei cittadini è intervenuto sulla biometria, in un modo che non dev’essere piaciuto al Ministro.

Gaetano Rasi ha infatti spiegato che “in materia di dati biometrici occorre mantenere alto il livello di attenzione. Il Garante è consapevole dei benefici derivanti dal loro impiego, ma allo stesso tempo vigila per evitare che un loro utilizzo distorto ed eccessivo possa limitare i diritti e le libertà dei cittadini”.

Rasi, che non intende certo sminuire le potenzialità della biometria se applicata, per esempio, alle attività investigative, ha sottolineato un punto che non si è ancora sentito nelle analisi pubbliche di Stanca ossia che “è accertata l’esistenza di falsi positivi e la possibilità che siano compiuti errori o furti di identità “.

Al di là di ogni altra considerazione sulla delicatezza dei dati unici catturati da sistemi biometrici, dalla scansione dell’iride fino alla registrazione delle coordinate del volto, dunque, il Garante prende atto che si tratta di tecnologie talvolta fallaci . Affidarsi a loro come ad un passepartout capace di aprire tutte le porte, dunque, significa finire per aprire, prima o poi, le porte sbagliate, con conseguenze che potrebbero essere notevolissime.

Rasi com’è ovvio nel suo ultimo intervento ha sottolineato che, in un contesto in cui le tecnologie biometriche vanno diffondendosi nel pubblico e nel privato, proprio le autorità di garanzia devono e possono fare la differenza , avvertendo, controllando, verificando e, se serve, sanzionando. Una funzione delicatissima, forse l’unica a poter tranquillizzare almeno un po’ i catastrofisti del nuovo secolo, ma è una funzione che richiede denaro, quei fondi che il Garante vede diminuire di anno in anno.

“Prestiamo grande attenzione – aveva dichiarato Stanca – agli aspetti della sicurezza e della privacy nell’utilizzo delle biometrie”. Ma l’attenzione, in realtà, la sta già ponendo e da lungo tempo il Garante della privacy. Semmai si tratta di dargli ascolto (e risorse…).

Lamberto Assenti

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Pubblicato il
10 dic 2004
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