La Casa Bianca non alloggia su YouTube

La Casa Bianca non alloggia su YouTube

Il blog presidenziale statunitense si affida ora a soluzioni di hosting in-house. Si sospetta che Obama non voglia attirare le critiche dei difensori della privacy, si tratterebbe di una sperimentazione
Il blog presidenziale statunitense si affida ora a soluzioni di hosting in-house. Si sospetta che Obama non voglia attirare le critiche dei difensori della privacy, si tratterebbe di una sperimentazione

La Casa Bianca ha modificato le policy editoriali del proprio blog ufficiale, sospendendo l’impiego di YouTube per i videomessaggi presidenziali. Secondo i responsabili dell’Internet staff di Obama, si tratta solo di un “esperimento”, ma molti addetti ai lavori collegano la decisione alle recenti critiche mosse dai tutori della privacy, per i quali l’hosting da parte di YouTube non garantirebbe adeguata protezione ai dati personali dei cittadini. E mentre oltreoceano si realizza quanto sia difficile mettere in pratica l’ Open Government , la Camera dei Deputati va alla scoperta di YouTube.

Tutto ha avuto inizio sabato scorso. Come ogni settimana, su whitehouse.gov è comparso il tradizionale messaggio del Presidente, dedicato in questo caso alla spiegazione del budget appena inviato alle Camere. A differenza del passato non vi era traccia di materiale incastonato da YouTube, ed il video sembrava caricare direttamente dai server governativi, attraverso l’impiego del network di content delivery Akamai .

La cosa non è passata inosservata agli addetti ai lavori, che da tempo denunciavano l’esistenza di conflitti tra i regolamenti governativi in materia di privacy e le policy di tracking messe in atto dal video-portale di Google. Al centro delle accuse vi è in particolare l’impiego dei cosiddetti long-term tracking cookie . Nel momento in cui consente a YouTube di tracciare il comportamento dei navigatori che visitano il blog presidenziale, argomentano i critici, la Casa Bianca sta dando al proprio partner la possibilità di aggirare i regolamenti che proibiscono il tracking su tutti i siti federali.

Alla luce di tali critiche, poi riprese da altri watchdog come EFF e il Center for Democracy and Technology , diverse testate avevano interpretato il cambiamento di rotta di whitehouse.gov come una implicita ammissione di colpa.

Ma i dirigenti dell’internet team di Obama sembrano essere di diverso avviso. In una dichiarazione ufficiale poi ripresa dal New York Times sul presunto cambiamento di policy, il portavoce presidenziale Nick Shapiro ha dichiarato: “Nell’ambito degli sforzi del Presidente per rendere le attività di governo più trasparenti ed accessibili, questa settimana abbiamo sperimentato un nuovo modo di presentare il discorso presidenziale, usando un player sviluppato in-house. Questa decisione ha più a che fare con la necessità di testare le nostre possibilità interne che con una presa di posizione nei confronti delle soluzioni o delle policy di terzi”.

Solo nelle prossime settimane si potranno avere riscontri più certi rispetto alla reale portata del cambiamento di piattaforma. Nel frattempo però, la vicenda relativa ai video consente di “illuminare” uno scenario più ampio, mostrando alcune delle difficoltà pratiche che si parano sulla strada dell’ Open Government . Ci sono problemi tecnologici, come l’assenza di sistemi in grado di supportare il progetto obamiano di inviare sms ed email a milioni di cittadini contemporaneamente. Ma ci sono soprattutto – come il caso qui documentato mostra molto bene – problematiche legate alla sicurezza ed alla privacy dei cittadini, e che non erano mai state testate prima dell’avvio degli ambiziosi progetti della nuova amministrazione. Al punto che il Direttore dei New Media, Macon Phillips, dichiara pianamente: “Con questi problemi, ci troviamo davanti ad un terreno per il quale ancora non esiste una mappa”.

Le istituzioni italiane hanno invece mostrato di voler procedere decise lungo il solco tracciato fino ai giorni scorsi dal presidente Obama: la Camera dei Deputati si è dotata di un canale YouTube . Lo “spirito” è improntato alla “trasparenza” e alla “volontà di far conoscere il Palazzo ai cittadini”, consentendo loro di “scoprire Palazzo Montecitorio e la sua storia, essere informati sulla vita parlamentare, sui lavori in Assemblea e in Commissione”, di “ripercorrere anche le vicende della Camera attraverso i suoi più illustri protagonisti, visitare le sale del Palazzo, soffermarsi su una mostra, curiosare dietro le quinte”.

Giovanni Arata

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Pubblicato il
4 mar 2009
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