Pechino (Cina) – Che le autorità cinesi mal sopportino la libertà di comunicazione offerta da internet è cosa risaputa. Per questo hanno creato negli anni una serie di normative censorie condite nei giorni scorsi dalla richiesta a tutti gli utenti di tecnologie di crittografia di “autodenunciarsi” presso il ministero competente.
Pechino vuole così costituire un database con l’indicazione dei privati e delle aziende cinesi o straniere che fanno uso di sistemi crittografici. L’intenzione ultima è quella di costringere a rimpiazzare quei sistemi con tecnologie cinesi, cioè di consentire alle autorità, in caso di “bisogno”, di entrare comodamente nelle comunicazioni cifrate senza troppi problemi.
La questione è seria non solo perché, come hanno osservato numerosi esperti, la Cina rischia per questo motivo di non entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio, ma anche perché in pratica tutti gli utenti cinesi, quasi nove milioni, sono costretti a registrarsi presso le autorità. Tutti, infatti, dispongono in un modo o nell’altro per la navigazione in rete di sistemi di crittografia, per lo più stranieri. E le autorità confermano che anche il singolo utente deve ottenere l’autorizzazione per l’uso di quelle tecnologie, “o sostituirle”.
Si tratta quindi di un lavoro di accertamento immane con una data, oggi, entro la quale tutti dovrebbero far richiesta di registrazione, e appare scontato che ciò non accadrà. Non solo, per le aziende è previsto l’obbligo di specificare nome, cognome, altri dati personali e riferimenti per ogni dipendente che potrebbe accedere a queste tecnologie. Il che richiederà ulteriore tempo.
Intanto Pechino si prepara a fare fronte alle critiche internazionali sottolineando che la registrazione non è un problema commerciale, cosa che potrebbe mettere a rischio la posizione cinese per l’ammissione nell’Organizzazione internazionale, ma un problema di “sicurezza nazionale”.