La comunicazione a forma di joystick

La comunicazione a forma di joystick

di Massimo Mantellini. Tra segni e simboli in 30 secondi rimaniamo in attesa che un assassino minorenne confessi prossimamente di aver sterminato la famiglia per colpa dell'ultimo game, Severance
di Massimo Mantellini. Tra segni e simboli in 30 secondi rimaniamo in attesa che un assassino minorenne confessi prossimamente di aver sterminato la famiglia per colpa dell'ultimo game, Severance


Web – Credo di essere fra i tanti che hanno trovato lievemente disgustosa la pubblicità del nuovo telefono Sirio di Telecom. Quella nel quale una mamma antipatica e improbabile tesse le lodi di sua figlia, una ragazzina dotata di aureola, intenta a mandare di nascosto sms “dal telefono dei suoi”. La mia piccola contrarietà dipendeva in realtà più che altro dall’invito, per nulla nascosto nello spot, a carpire i soldi dei genitori per inviare brevi messaggi di testo.

E ‘ il mio un atteggiamento giustificabile? Esiste una etica della comunicazione che consigli agli addetti ai lavori comportamenti che limitino i rischi di vedere adolescenti lanciare coltelli da cucina in direzione dei genitori dopo averlo visto fare da Fiorello in uno spot Infostrada? E ‘ molto difficile dirlo. Quello che sembra evidente è che le prese di posizione di esperti, educatori, sociologi, sacerdoti e psicologi al riguardo appaiono sempre più spesso inadeguate.

Il bambino che si lancia dalla finestra perché ha visto Superman (o Pikachu) farlo in TV, non rappresenta il paradigma di alcunché: nella sua eccezione non serve in realtà ad indicare una direzione di comportamento valida per tutti, utile alla maggioranza delle persone. Eppure ancora oggi capita di leggere sui giornali le solite polemiche su Severance , un nuovo videogioco violento che, come previsto, preoccupa e rende sgomenti genitori ed educatori. In attesa che un assassino minorenne (argomento di grande attualità in questi giorni) confessi prossimamente di aver sterminato la famiglia per colpa di tale videogame, registriamo solo che si tratta di una storia sentita già molte volte.

Nella nuova comunicazione, quella consentita da mezzi come Internet (ma anche dai videogames), quello della etica dei contenuti è un problema che si presenta con frequenza ossessiva. Da un lato, la quantità dei contenuti raggiungibili è aumentata in maniera vertiginosa, dall’altro la modalità della comunicazione tende ad individualizzarsi, proprio in relazione al tipo di un mezzo, il computer, che ben difficilmente consente utilizzi condivisi. Oltretutto, a differenza di quanto accadeva fino a qualche anno fa, la liceità dei messaggi e la necessità di un loro eventuale controllo, sembra estendersi dal periodo dell’adolescenza anche all’età matura. Ai tempi di Internet esiste di conseguenza una selvaggia voglia di considerare gli adulti come bambini senza cervello per i quali la navigazione su una pagina web nella quale si spiega come autocostruirsi un missile terra-aria con vecchi residui di elettrodomestici equivale ad un invito irresistibIle e ad un concreto pericolo per la comunità.

Di più: il filtro che fino a qualche lustro fa era “umano” (i genitori, il parroco, l’insegnante, i compagni più grandi, il gruppo) diventa sempre di più governato da un intermediario anonimo e sconosciuto. Non è quindi solo l’overload informativo che rende aleatoria e impalpabile l’etica della comunicazione (in un mondo in cui tutto è raggiungibile, tutto può essere scelto indifferentemente e tutti improvvisamente siamo potenziali ladri/molestatori/truffatori) ma qualcosa di ben più serio.

Mano a mano che si moltiplicano le opzioni di comunicazione e di interattività si moltiplicano anche il numero e la risma dei controllori di tali scelte. Sembra essere questa la religione del futuro. Alle sacre scritture o alle ideologie, il mondo digitale sostituisce il marketing e il controllo politico, la convenienza della grande industria multimediale e il colonialismo culturale. Non deve quindi meravigliare che l’interpretazione dei segni contenuti in trenta secondi di pubblicità, abbia ormai acquistato tale e tanta importanza e che “l’etica” della comunicazione coincida ogni giorno di più con la “convenienza” della comunicazione.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
3 mar 2001
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