Roma – Niente da fare: le tecniche poligrafiche pensate per rilevare quando e se una persona sta affermando il falso non funzionano nonostante molte decine d’anni di ricerca e lo sviluppo di tecnologie specializzate. Agli scettici può sembrare ovvio ma ora a dirlo è il National Research Council (NRC) che ha condotto uno studio per conto del Dipartimento dell’Energia statunitense.
La “macchina della verità” è oggi adottata dall’ FBI per valutare i propri agenti ma anche per condurre alcune delicate indagini. E le attuali normative americane prevedono che siano sottoposti ad essa tutti i ricercatori e i dirigenti dei laboratori nazionali.
Secondo il rapporto “The Polygraph and Lie Detection”, dunque, l’elevata possibilità di errore per il “test della verità” rende di fatto inaffidabile lo strumento. Una tesi che a caldo è già stata contestata da un celebre docente di criminologia alla Michigan State University, Frank Horvath, secondo cui l’NCR dovrebbe allora individuare un metodo alternativo. “L’assenza di una alternativa – sostiene Horvath – rende inevitabile l’uso della macchina della verità”.
Il dibattito è aperto. Ma pesa di certo l’affermazione del rapporto secondo cui gli elementi rilevati da questi test, dalla pressione sanguigna ai comportamenti somatici, possono essere controllati da individui ben addestrati rendendo quindi potenzialmente fallace il test proprio quando utilizzato con le persone che si intenderebbe “smascherare”.
Il rapporto si conclude con l’invito a studiare meglio queste tecnologie e contestualmente approfondire altre vie per individuare e valutare eventuali problemi di sicurezza.