La Posta dei Lettori (8/10/2000)

La Posta dei Lettori (8/10/2000)

Nella prima mail un lettore ci spiega perché Windows possa perdere dati in fase di chiusura. Il secondo lettore ripresenta invece un tema caldo: dove stanno andando Linux e l'open source?
Nella prima mail un lettore ci spiega perché Windows possa perdere dati in fase di chiusura. Il secondo lettore ripresenta invece un tema caldo: dove stanno andando Linux e l'open source?


Spettabile Redazione di PI.
Vi scrivo in quanto ho letto di problemi legati alla velocità delle piattaforme WinTel in caso di shutdown. Dato che dagli articoli sin qui letti non è emersa la ragione che sta alla base dell’inconveniente, tenterò nel modo più semplice di spiegare il motivo dei malfunzionamenti. Al lettore, stabilire se si tratta di un baco M$ o meno.
Vediamo di illustrare quel che avviene all’atto dello shutdown, con particolare riferimento ai trasferimenti verso il disco. Vi sono informazioni importanti che vengono inviate all’HD. Tra queste, una riguarda la conferma che il sistema è stato spento regolarmente, incluso ogni flush delle cache disco software verso i dischi di sistema. Esiste una zona del disco analizzata in fase di boot che contiene dei flag impostati in fase di shutdown. Se il flag di “dirty shutdown” non ha il valore corretto, ad esempio, in condizioni di installazione standard parte Scandisk. Ora, come può accadere che una piattaforma veloce, non riesca a scrivere correttamente tutto sul disco? È piuttosto ridicolo, ma ascoltate bene: arrivano le istruzioni al disco, che però non ha il tempo di trasferire i dati dalla cache (grande) del disco stesso, al supporto magnetico; e perché, qualcuno si chiederà? Perché l’alimentazione al sistema cessa prima che tale fase possa completarsi! Insomma è un problema legato alla troppa celerità con cui la mainboard toglie il segnale di “accensione” all’alimentatore.
Se qualcuno non crede a questa affermazione, esiste un metodo semplicissimo (a livello di verifica sperimentale di laboratorio) per verificare tale asserzione. Basta forzare un segnale dell’alimentatore ATX, in modo che questo non si spenga. I dischi avranno tutti quei millisecondi essenziali per completare le scritture sui piatti, e di perdita dati… neppure l’ombra. Insomma… il SO Windows spegne troppo rapidamente l’alimentatore. Un opportuno delay e tutto si risolve con una semplice patch (triviale). Quindi colpa di MS$ sì è no. Certo… che se in fase di spegnimento si aggiornasse il disco, si facesse il flush della cache del disco stesso, e poi si andasse a rileggere quanto appena aggiornato, tutta l’operazione diventerebbe autosincronizzante. Cosa che evidentemente al momento attuale non veniva espletata. Una programmazione “leggera” che ha fatto perdere molte ore di lavoro al sottoscritto, quando vi incappai, ancora nel lontanto 1999.
Spero che ognuno abbia adesso elementi chiari per giudicare. Quantunque dipenda dalla combinazione: sistema operativo, main board, alimentatore e disco, il problema poteva manifestarsi anche con dischi meno veloci degli attuali ATA100.
Saluti,

Mirko Paoletto

Questo problema si è presentato già all’epoca di Windows 98, la prima versione di Windows in cui Microsoft introdusse la funzionalità di “Fast shutdown”. Ricordo che già allora una sacco di gente si lamentò del fatto che al successivo riavvio partiva lo Scandisk. A me non ha mai dato particolari problemi, ma l’ho sempre disabilitata (si può fare dal registro o dal System Info) perché mi dava l’impressione che il computer si spengesse davvero troppo in prossimità della fine scrittura dell’hard disk. Il problema dunque non è nuovo, ma si sperava che con Windows Me si fosse risolto: evidentemente CPU ultra-veloci e ATA/100 lo hanno riportato alla luce, ed il nostro lettore ce ne ha fornito la motivazione tecnica. Chi volesse aggiungere qualcosa, ci scriva pure.

ADR

Nota: nelle lettere alla redazione specificare sempre se sono indirizzate a Plug-In. In tal caso fornire l'eventuale consenso alla pubblicazione in questo spazio insieme al nome e/o indirizzo e-mail.


Si nasce rivoluzionari e si muore reazionari.
Questo titolo non vuole essere solo una provocazione. Vuole essere la fotografia di quello che sta accadendo alla rete in generale, ed al mercato dei sistemi operativi nel particolare.
La rete di oggi è quasi completamente differente da quella che videro i primi “pionieri” nel 1995. Sotto questa apparente verità lapalissiana si cela però qualche domanda fondamentale.
Come è cambiata? Come sta cambiando e come cambierà?

La prima rete era senz’altro un deserto fatto per anacoreti e mistici digitali; poi grazie agli abbonamenti gratuiti, ecco il primo “grande pubblico” seguito dalle prime aziende. La rete si è piano piano strutturata con nuove regole, nuovi spazi, sempre più netti, sempre più organizzati.
Cosa accadrà? Se possiamo delineare una tendenza prendendo spunto dal passato e dal presente potremmo dire che sulla rete ci sarà sempre più presenza per le aziende e la gente “comune” e sempre meno per gli “alternativi”.

Questa spinta è generata dalle aziende.
Lo dovrebbero riconoscere tutti: esse sono il vero motore di Internet.

Quello che sta accadendo invece al mercato dei sistemi operativi è una conseguenza di quanto detto precedentemente.

Il sistema Linux, nato e cresciuto dall’amorevole spontaneità di varie comunità di sviluppatori che volevano rendersi indipendenti dalla Microsoft, sta subendo lo stesso processo di “aziendalizzazione”.
È inevitabile. Non è né colpa della Red Hat né di altri.
È il Sistema (quello filosofico-politico) stesso che impone la “strutturazione” e la perdita, quindi, dello spirito originario del software open source.

Se le aziende, come la Red Hat, scenderanno sullo stesso campo di battaglia della Microsoft avranno già perso in partenza e doppiamente: avranno perso una prima volta poiché combattere frontalmente contro un avversario che dispone pur sempre di mezzi commerciali e di marketing più grandi dei tuoi signica prenderle di brutto (meglio la guerriglia no?). Avranno perso una seconda volta perché vi sarà una larga parte di sviluppatori open source che si sentiranno “traditi” (e giustamente vista la loro presunzione nel ritenersi “duri e puri”), pugnalati alle spalle.

Questa è già realtà. “Eravamo diventati utenti Linux per renderci ‘indipendentì da mamma Microsoft e adesso siamo diventati ‘dipendentì della Red Hat!!” già sento dire….

Forse, come già scritto in precedenza su un mio intervento anteriore, sarebbe meglio prendere atto della cosa, non perché si debba cambiare sistema ma perché sarebbe meglio abbandonare certi fondamentalismi e culti neo-pagani o più semplicemente la presunzione di dichiararsi “liberi ed indipendenti” quando invece, nella dura realtà, virtuale e non, dipendiamo sempre da qualcosa o da qualcuno.

Open source but closed minds?

Stefano Mecchia

Bene, mi sembra che Stefano abbia ben espresso la sua opinione. La mia la potete leggere in questo stesso editoriale. Tocca a voi farvi avanti: il box dei commenti è lì apposta!

ADR

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
8 ott 2000
Link copiato negli appunti