La rete sta cambiando volto

La rete sta cambiando volto

Per la prima volta uno studio autorevole lo certifica: solo il 45 per cento degli utenti internet è di madrelingua inglese. Ma cresce anche la regolamentazione di internet in tutto il mondo. Lo State of Internet Report
Per la prima volta uno studio autorevole lo certifica: solo il 45 per cento degli utenti internet è di madrelingua inglese. Ma cresce anche la regolamentazione di internet in tutto il mondo. Lo State of Internet Report

Web – La svolta è epocale e segnala la crescente internazionalizzazione della rete: solo il 45 per cento di tutti gli utenti internet è di madrelingua inglese.

L’importante sorpasso dei non anglofoni è segnalato da uno dei più autorevoli studi sull’evoluzione di internet, quello realizzato dallo US Internet Council in collaborazione con la ITTA (International Technology & Trade Associates). Uno studio, “State of Internet Report”, secondo cui nel 2001 il numero di utenti internet è cresciuto di 100 milioni di unità soprattutto nell’area del sud-est asiatico, ribaltando così le “maggioranze” tra i gruppi linguistici.

Nei numeri assoluti, spiegano gli autori del rapporto, nel corso del 2001 il numero di utenti internet nel mondo è cresciuto superando quota 500 milioni.

In passato, la prevalenza della lingua inglese è stata in larga parte dovuta all’assoluta leadership degli Stati Uniti in materia di diffusione della rete. La nuova tendenza, invece, rende chiara l’importanza che il network internazionale sta assumendo in tutto il mondo.

Negli Stati Uniti la crescita dei nuovi utenti è valutata nel 15 per cento nell’anno duemila, una crescita “moderata” rispetto agli anni precedenti e che porta al 59 per cento sul totale le famiglie statunitensi collegate.

Va detto però che se all’interno degli Stati Uniti la diversità di accesso alle nuove tecnologie nelle diverse fasce sociali (digital divide) va riducendosi, al di fuori degli USA il gap nell’accesso rimane fortissimo. In generale la più grande distanza, proprio come in campo economico, è tra il nord e il sud del mondo.

Uno degli aspetti più preoccupanti dello studio è legato al fatto che in un numero crescente di paesi, internet viene sottoposta a leggi sempre più limitative mentre ancora si deve trovare un modo uniforme per gestire i problemi di diritto internazionale suscitati dall’esistenza della rete globale.

B. Meyers Su questo è duro il giudizio del presidente del Council americano, Bill Meyers, secondo cui “non c’è dubbio che governi nel mondo abbiano tentato di regolamentare la rete. Il risultato, dove ci sono riusciti, sono porzioni del mondo dove non c’è molta innovazione e dove l’accesso alla rete è limitato”. Gli esempi sono naturalmente molti, si va dall’Afghanistan talebano alla Cina comunista passando per alcuni paesi mediorientali e finendo in alcuni paesi del sud-est asiatico, dove complessivamente si sta comunque registrando una forte crescita nell’utenza.

La spinta regolamentatrice è come noto aumentata anche in Europa e in Italia, dopo gli attentati dell’11 settembre. “Se guardiamo a quanto accaduto negli ultimi due mesi – spiega Meyers – vediamo una pulsione forte negli Stati Uniti e altrove per portare internet sotto un ombrello regolamentare per ragioni di sicurezza. Ci sono molte ragioni che spingono i governi ad agire per venire incontro alle preoccupazioni sulla privacy, ma queste preoccupazioni sembrano ora in ritirata di fronte ai problemi di sicurezza”. Secondo il Council, uno degli aspetti più positivi e interessanti di questi mesi è la sempre maggiore dedizione dimostrata dai governi dei paesi in cui internet è maggiormente sviluppato verso la realizzazione di sistemi di e-government.

Pur essendoci molto da fare, il rapporto indica in alcuni paesi, come Canada, Singapore, USA, Finlandia e Gran Bretagna, esempi da seguire per portare online i servizi della Pubblica Amministrazione e migliorare in questo modo il rapporto con i cittadini. Con la conseguenza anche di un abbattimento dei costi.

Altri dati importanti rilevati dalla ITTA per il report riguardano la banda larga, considerato uno dei “nodi” fondamentali per la futura evoluzione di internet. Come già noto, in questa direzione spicca tra tutti la Corea del Sud, dove la penetrazione di queste tecnologie ha raggiunto livelli elevatissimi. In alto nelle classifiche anche il Canada, seguito a ruota dagli Stati Uniti, dall’Olanda e dal Belgio.

Un parere rilasciato dal presidente di ITTA, Mark Rhoads, indica come internet sia sempre più un ambiente nel quale si evidenziano e si riversano le grandi differenze economiche e politiche che dividono i paesi del mondo: “Ci stiamo rendendo conto che mentre la rete diventa sempre più parte della nostra cultura, le stesse linee di divisione che fuori dalla rete sono nell’economia e nella cultura sono destinate a manifestarsi anche su internet”.

Per il futuro della rete, gli autori del rapporto hanno voluto offrire quattro “principi base” che a loro parere dovrebbero ispirare governi e parlamenti di tutto il mondo:

“1. Il Council è sicuro che i servizi internet per le nazioni libere e sviluppate del mondo continuerà a portare molti più benefici che problemi a governi e cittadini;
2. Si ritiene che il migliore approccio alla rete sia quello che consenta la massima libertà di flusso delle informazioni e l’accesso libero per tutte le persone, in modo che tutti ne abbiano da guadagnare;
3. Si ritiene che così come in passato i giornali, la radio, la televisione, il cinema ed altri media abbiano superato i confini geografici, internet nei prossimi anni presenterà le stesse linee di separazione culturale, economica, sociale e politica che si trovano alla base di tutte le relazioni internazionali di oggi;
4. Il Council non intende sostenere che queste linee di separazione annulleranno i benefici che senza dubbio internet rappresenta per la maggioranza delle persone. Ma chiede studi più approfonditi per capire come chi gestisce l’architettura di internet possa accogliere di propria volontà quelle culture che si sentono minacciate dalle influenze esterne senza però tradire i principi della libertà di parola.”

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Pubblicato il
14 nov 2001
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