La vita virtuale vale come quella reale

La vita virtuale vale come quella reale

Una ricerca durata sei anni mette a nudo il rilievo delle nuove socialità telematiche: chi vive nelle comunità elettroniche su Internet sente di far parte di qualcosa di importante
Una ricerca durata sei anni mette a nudo il rilievo delle nuove socialità telematiche: chi vive nelle comunità elettroniche su Internet sente di far parte di qualcosa di importante

La vita proiettata in rete, da mera estensione accessoria dell’esistenza, ha acquisito la stessa importanza di quella reale e le community online sono divenute il centro attivo della nuova voglia partecipativa degli americani. A rivelarlo è la Annenberg School della Università della California del Sud, che ha appena pubblicato lo studio 2007 Digital Future Report .

Secondo il rapporto, che ha richiesto 6 anni di lavoro per la raccolta e l’analisi delle informazioni provenienti da svariate fonti, quasi la metà dei cittadini americani che appartengono alle comunità online sostiene che il pezzo di mondo virtuale che abitano quotidianamente è importante tanto quanto quello reale . In particolare, il 43% di essi sente di essere parte integrante del mondo astratto fatto di avatar, spigolosa grafica 3D e forum di discussione così come lo è del proprio ambiente familiare e del luogo di lavoro di tutti i giorni.

Un senso di appartenenza che porta alla presenza costante: oltre il 50% dei netizen fa il log-in nella propria comunità di riferimento almeno una volta al giorno . “A più di un decennio dall’apertura al pubblico dei portali del world wide web”, dice il direttore dell’istituto Jeffrey Cole, “siamo ora finalmente testimoni della rivelazione delle reali potenzialità di Internet come quel potente fenomeno personale e sociale che sapevamo sarebbe diventato”.

La rete, secondo Cole, è stata una fonte preziosa di informazioni, comunicazione e intrattenimento sin dal 1994, ma solo ora è possibile cominciare a misurare la reale portata delle innovazioni introdotte dal network digitale nel modo di scoprire e definire il mondo. Secondo lo studio, infatti, una così attiva partecipazione al metamondo digitale spinge i cittadini ad impegnarsi maggiormente nelle attività di natura sociale le cui conseguenze pratiche impattano sulla vita reale.

Un vero e proprio catalizzatore virtuale per un attivismo sociale concreto : i due terzi dei membri delle comunità virtuali danno il proprio contributo a cause sociali attraverso la rete, cause che nulla hanno a che fare con le motivazioni che in origine li hanno spinti a diventare netizen, e il 43,7% convoglia poi altrove questa ritrovata voglia di impegnarsi per gli altri una volta staccati i fili della connessione.

Per quanto la ricerca sia focalizzata sulla realtà americana, all’avanguardia in questo ambito, alcune considerazioni possono essere generalizzate e adattate alla totalità dei paesi industrializzati net-dipendenti: oggigiorno, le persone che si incontrano online, comunicano, scambiano opinioni e informazioni e più in generale arricchiscono il loro personale sentire grazie alla rete, sono in grado poi di contribuire con questo surplus di ricchezza mentale alle comunità sociali di riferimento fuori dalla camera dove riposa il fedele strumento informatico.

Quello che emerge dal report del futuro digitale prossimo venturo, insomma, è l’ennesima dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, che l’epoca dei nerd occhialuti che si rifugiavano nel mondo multicolore delle BBS e dei giochini del PC1 Olivetti Prodest (di cui chi scrive ha ancora qualche sparuto esemplare in giro per casa), dimentichi per un po’ della grigia e frustrante realtà quotidiana, è un’immagine sbiadita da mandare definitivamente in pensione . Con tutta l’evidenza del caso, una partecipazione più attiva al mondo interconnesso implica anche un tempo maggiore speso in linea . Una piccola ma crescente percentuale di adulti si lamenta inoltre del fatto che i propri pargoli spendano troppo tempo attaccati alla connessione piuttosto che a fare i compiti o a guardare la tv, per quanto il 70% dei genitori americani consideri il tempo passato online dai figli assolutamente opportuno.

La cittadinanza in rete non sarebbe naturalmente possibile senza una connessione adeguata nella velocità come nel prezzo: non è un caso se il 50% nei netizen americani si connette utilizzando la oramai tradizionale connessione broadband diffusa per ogni dove.

Riguardo il tipo di comunità più diffuso, il blog si rivela in assoluto lo strumento più in espansione: dal 2003 al 2006 il numero di nuove pagine personali nate in seno alla blogopalla è passato dal 3,2% al 7,4%.

E la dimostrazione della stretta interconnessione esistente tra le tragedie reali e l’apparente dolce far niente digitale sta anche in campagne di sensibilizzazione dei cittadini virtuali di Second Life , incentrate sulla lotta alla povertà. Iniziative come quella portata avanti dal World Development Movement , che ha posizionato un counter virtuale nel meta-mondo creato da Linden Lab: segnala le giovani vite spezzate dalla fame e dalla miseria nel mondo sottosviluppato sin dal 2003. Ogni tre secondi il contatore aggiunge una morte alla lista.

“Milioni di persone – spiega Peter Taylor, del WDM – passano una parte sempre maggiore del proprio tempo dentro Second Life o ambienti virtuali simili. Noi siamo qui per ricordare loro che non possono sfuggire dai problemi del mondo reale”. Un’incitazione ai residenti del metamondo perché partecipino ad una realtà imperfetta che necessita anche del loro contributo.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
4 dic 2006
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