Le cam inglesi ci vedranno benissimo

Le cam inglesi ci vedranno benissimo

Oggi le riprese sono scadenti, spesso vengono cancellate anzitempo, molte non sono nemmeno usate quando servono. Ma ora l'Home Office britannico vuole cambiare strada. E vuole soldi per espandere le CCTV il più possibile
Oggi le riprese sono scadenti, spesso vengono cancellate anzitempo, molte non sono nemmeno usate quando servono. Ma ora l'Home Office britannico vuole cambiare strada. E vuole soldi per espandere le CCTV il più possibile

Londra – Ebbene sì gli occhi digitali ci sono, sono ovunque e registrano di continuo le mosse dei britannici, in particolare dei londinesi. Ma sono occhi che ci vedono male , le cui riprese spesso non sono sufficienti a fornire una identificazione anche in caso di crimine e le cui immagini spesso non vengono reclamate dalla polizia prima di essere sovrascritte. Molte cam nel paese di George Orwell, dunque, ma scarsa, scarsissima efficienza.

Celebri riprese nella metro londinese A sostenerlo è un corposo rapporto dell’ Home Office britannico (disponibile qui in PDF), un rapporto secondo cui la maggiorparte delle cam accusate di dar vita ad un inquietante panopticon sono cam di scadente qualità, perdipiù possedute e gestite da privati le cui policy di utilizzo o di conservazione delle informazioni mal si attagliano alle esigenze della pubblica sicurezza.

Come se non bastasse, molti degli operatori pubblici di CCTV , l’acronimo che distingue l’esistenza dei circuiti di ripresa video negli ambienti pubblici e privati inglesi, non hanno un diretto accesso alla rete della polizia. Il che significa, in sostanza, che molti di loro, quand’anche si imbattessero in un reato o dovessero segnalare qualcosa alle forze dell’ordine, si trovano ad agire esattamente come qualsiasi altro cittadino: telefonando in questura, cosa che rischia di allungare non poco i tempi di un eventuale intervento sul posto.

Ad aggravare la situazione, sostiene il rapporto, il fatto che molte cam inizialmente installate dalle forze dell’ordine come misura di prevenzione del crimine sono state successivamente dirottate dalle autorità ad altri utilizzi, come la sorveglianza del traffico, del rispetto delle corsie preferenziali per i mezzi pubblici e amenità simili. “In questo quadro – scrivono gli estensori del rapporto – appare difficile credere che quegli strumenti possano essere usati per sorvegliare o monitorare la zona in cui sono installati”.

Delle cam private, ad esempio quelle installate in certi negozi, non tutte sono utili all’individuazione di un eventuale furto, anzi spesso sono utilizzate dai commercianti per controllare prima di tutto i dipendenti e spesso posizionate in modo poco utile ad altri scopi.

Le cam di una stazione di Londra Tutti questi problemi vengono elencati, evidentemente, per tentare di individuare una strada che trasformi la rete capillare, ma disordinata, di occhi elettronici in un servizio di sorveglianza vero e proprio, che risulti utile per tutte le finalità della sicurezza , dall’allarme per un reato in corso di svolgimento all’utilizzo delle immagini come prova in tribunale.

A pagina 50 del rapporto c’è un elenco delle raccomendations per uscire dall’attuale situazione di caos. Si parla dunque di istituire una Agenzia per le CCTV , adottare e diffondere standard tecnologici e metodologici comuni sia in ambito pubblico che privato, stabilire linee guida operative per tutti gli uffici e agenzie pubbliche coinvolti, migliorare la comunicazione tra polizia e privati autorizzati alle riprese. Il tutto condito dall’individuazione di un finanziamento pubblico continuativo al settore CCTV finalizzato anche alla sua continua espansione.

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Pubblicato il 23 ott 2007
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