Le major puntano alle Olimpiadi di Pechino

Le major puntano alle Olimpiadi di Pechino

Dan Glickman, CEO di MPAA, dispensa consigli al Governo cinese: importate più film da Hollywood e lottate contro la pirateria. I giochi olimpici saranno un termometro per giudicare la repressione antipirateria in Cina
Dan Glickman, CEO di MPAA, dispensa consigli al Governo cinese: importate più film da Hollywood e lottate contro la pirateria. I giochi olimpici saranno un termometro per giudicare la repressione antipirateria in Cina


Washington (USA) – La lobby cinematografica statunitense freme per le Olimpiadi di Pechino del 2008 . Una vetrina internazionale che potrebbe rimpinguare le casse di tutte le major, e aprire definitivamente la Cina al mercato occidentale. Le ricette della Motion Picture Association of America ( MPAA ) sono state recentemente esplicate dal CEO Dan Glickman, in visita questa settimana a Pechino. Due gli ingredienti fondamentali: permettere un maggiore afflusso di titoli e “darsi da fare” nella lotta alla pirateria . “Nel 2008, la Cina sarà davanti alla platea mondiale ospitando la 29esima edizione delle Olimpiadi. Sarà un grande orgoglio per il paese. E per questo vorrei che fosse pianificata a dovere questa sfida: quindi dal 2008 un mercato DVD più legale di quanto non sia adesso, e più film cinesi nei cinema statunitensi e più film americani in quelli cinesi”, ha dichiarato Glickman durante l’incontro con gli esponenti dell’industria cinematografica locale.

Gli ultimi dati raccolti dagli studios sostengono che la pirateria cinese costi alle major circa 300 milioni di dollari all’anno . Inoltre, sebbene il Governo di Pechino permetta – teoricamente – un’importazione annuale di almeno 20 titoli “made in USA” la media effettiva difficilmente supera i 14. Non è dato sapere se questa restrizione sia legata a scelte di censura; è certo però che le case cinematografiche più importanti vedono questa chiusura come un grosso limite per la conquista del pubblico cinese, almeno dando ascolto alle indiscrezioni che circolano a Hollywood.

“E’ virtualmente impossibile ? ha continuato Glickman – individuare merce olimpica contraffatta in Cina. Perché? Come ha detto uno dei funzionari locali, le imitazioni sviliscono il valore dei loghi, in pratica la proprietà intellettuale su cui la Cina ha investito per finanziare i Giochi. Allo stesso modo il valore della proprietà intellettuale è una ricchezza per i produttori di film. Il medesimo valore che esiste per i film-maker indipendenti cinesi, e tutti gli altri del mondo, che quando vengono nel mio ufficio valutano la loro creatività come un prodotto con tutte le conseguenze che ne conseguono”, ha aggiunto Glickman.

Il sistema cinese è quanto mai contraddittorio, almeno nel rapporto con la pirateria. Da una parte è uno dei pochi paesi a disporre di una legislazione che delega completamente agli ISP la responsabilità penale per eventuali violazioni di copyright sulla rete. Dall’altra, permette ad un motore di ricerca per MP3, come Baidu , di farsi beffa delle pressioni provenienti dalle major. Il “caso” vuole però che Baidu sia un colosso dell’economia cinese, tanto da essere quotato al NASDAQ. Se viene pizzicato, invece, un comune utente pirata – magari con l’aggravante di essere di Hong Kong – scattano multe salatissime e mesi di reclusione. Insomma, a detta degli esperti un sistema sbilanciato a favore della ricchezza dell’economia nazionale. Se il singolo tenta di farsi gioco della collettività, paga con la galera. Si chiama non a caso “Repubblica Popolare Cinese”, malgrado sia ancora troppo poco Pop per i gusti americani. Se si traduce il termine “Zhongguó” (Cina), però, si scopre che letteralmente vuol dire “Terra di mezzo”… fra gli interessi economici?

Dario d’Elia

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Pubblicato il 15 dic 2005
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