Roma – Prima sentenza emessa in Italia per quanto riguarda il comportamento del guidatore che parla al telefono, una sentenza che ha sorpreso qualcuno. La Corte di Cassazione ha infatti abbassato la soglia di tolleranza della legge nei confronti di chi, anche mentre guida, non riesce proprio a staccarsi dal cellulare. E lo ha fatto rovesciando la decisione del Giudice di pace di Roma nei confronti di un automobilista al quale era arrivata a casa una notifica di multa nella quale si contestava l’uso di un telefonino senza vivavoce durante la guida.
Il nodo di tutta questa storia è però il fatto che, secondo il verbale redatto dai vigili, la contestazione non era stata immediata per “l’impossibilità di fermare il veicolo nei modi di legge”.
E se per il Giudice di pace, al quale l’automobilista si era rivolto, la multa andava convalidata a tutti gli effetti in quanto “l’impossibilità di immediata contestazione risultava indicata nel verbale di accertamento”, per la Cassazione le cose non stanno esattamente così e anzi la multa va cancellata.
Secondo i giudici della Suprema Corte, infatti, una multa va cestinata ogni qualvolta le motivazioni della contestazione a posteriori risultino troppo generiche e non si riescano a desumere le condizioni che non hanno permesso l’accertamento immediato della violazione; quindi la contestazione nei confronti dell’automobilista romano è troppo generica e “non consente di conoscere la ragione concreta per la quale non era stato possibile fermare il veicolo”.
Nella sentenza 8837/05, si precisa dunque che “la contestazione immediata imposta dall’art. 201 del Codice della Strada ha un rilievo essenziale per la correttezza del procedimento sanzionatorio e svolge funzione strumentale alla piena esplicazione del diritto di difesa del trasgressore” e che “la limitazione del diritto di conoscere subito l’entità dell’addebito può trovare giustificazione solo in presenza di motivi che la rendono impossibile”; i quali motivi “devono essere espressamente indicati nel verbale, conseguendone altrimenti l’illegittimità dell’accertamento e degli atti successivi del procedimento”.