Li fanno marcire in prigione

Li fanno marcire in prigione

Sono quei cinesi che anni fa hanno firmato una lettera aperta per chiedere maggiore democrazia. Ne parlavano in rete, dove pubblicavano quello che pensavano
Sono quei cinesi che anni fa hanno firmato una lettera aperta per chiedere maggiore democrazia. Ne parlavano in rete, dove pubblicavano quello che pensavano


Pechino – Una sconsolata nota diffusa ieri dall’organizzazione internazionale Reporters sans frontieres ha ricordato che il cyberdissidente cinese He Depu ha iniziato ora il suo terzo anno di reclusione.

He, come altri sei suoi conoscenti, era stato arrestato il 4 novembre del 2002 perché, dopo averne discusso online, aveva partecipato alla stesura di una lettera aperta indirizzata al Congresso del Partito Comunista, una lettera firmata da quasi 200 persone il cui testo è stato pubblicato anche in rete.

La lettera ha scatenato le ire del regime perché si spingeva a parlare di diritti individuali, chiedendo per la Cina una grande riforma democratica capace di dare un futuro migliore ai suoi cittadini.

In particolare, nella lettera letta in rete da moltissimi utenti, si facevano sei richieste, dalla riabilitazione del movimento del 1989, quello che portò ai fatti di piazza Tienanmen, all’immunità per gli esiliati, affinché potessero tornare in patria, al rilascio dei prigionieri politici e alla sottoscrizione da parte del regime della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. Per ultimo si chiedevano elezioni libere. Troppo per il regime pechinese, abituato a reprimere il dissenso con mano dura.

Oltre ad He, dietro le sbarre sono finiti nelle settimane seguenti altri sei di coloro che avevano firmato la lettera e i cui nomi erano dunque a disposizione in rete e sulla lettera stessa. Se He dovrà passare otto anni in carcere nonostante condizioni di salute tutt’altro che ottimali, gli altri dissidenti sono stati condannati a pene variabili tra i due e i sei anni.

“Dai tempi di queste incarcerazioni – ha ricordato Reporters sans frontières – il regime non ha fatto che incrementare il livello di censura su Internet ed ha aumentato le pressioni sugli utenti Internet”. Secondo RSF sono 62 i cinesi tuttora in carcere per aver espresso le proprie idee in Internet.

Un rapporto di RSF sulla Cina e la censura in rete è disponibile qui

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Pubblicato il
5 nov 2004
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