L'ICANN rischia di rimanere al verde

L'ICANN rischia di rimanere al verde

Pare ormai essersi alzata una barricata tra l'organismo di supervisione dei domini e i registri di dominio nazionale, decisi a non pagare le quote annuali stabilite dall'ICANN e fino ad oggi inesistenti
Pare ormai essersi alzata una barricata tra l'organismo di supervisione dei domini e i registri di dominio nazionale, decisi a non pagare le quote annuali stabilite dall'ICANN e fino ad oggi inesistenti


Roma – 1,35 milioni di dollari. Questa la cifra del proprio budget a cui l’ICANN sembra probabile debba rinunciare. L’organismo di supervisione dei domini, infatti, aveva previsto di ottenere queste entrate dai “canoni” richiesti ai registri di dominio nazionale. Registri che, però, non sembrano avere alcuna intenzione di pagare.

Le richieste dell’ICANN derivano dal desiderio di “farsi riconoscere un tot” per l’utilizzo che i registri nazionali fanno dei root server, ovvero dei server centrali che “reggono” gli indirizzi della Rete, in particolare i suffissi che consentono ai browser di rintracciare i domini di questo o quel paese. Ma sono richieste, quelle dell’ICANN, che si scontrano con la consuetudine. Fino ad oggi, infatti, il ministero per il Commercio americano, che gestiva quei server, non ha chiesto neppure mezzo dollaro per l’uso “distribuito” nei diversi paesi.

Le nuove estensioni di dominio regionale, come indicato dalle liste della IANA, sono in continuo aumento e l’ICANN si sente nel diritto di chiedere “un rimborso”. Il problema per la Internet Corporation for Assigned Names and Numbers non è secondario, visto che quei fondi servono al buon funzionamento dell’organismo di supervisione dei domini.

Uno dei problemi centrali, come ha sottolineato ad Asssociated Press Eric Gullichsen, che gestisce il registro dei.to dell’isola di Tonga, è che “la nostra amministrazione adotta una politica che non consente di pagare fatture ad aziende con le quali non abbiamo mai stretto contratti”. Nessun negozio ufficiale, infatti, è stato firmato dall’ICANN e dai singoli “registri”. Ma che l’atmosfera non sia favorevole all’ICANN lo dimostrano anche altre dichiarazioni, come quelle del boss della Internet Society neozelandese, Peter Dengate Thrush, secondo cui se l’ICANN impone il pagamento “noi andremo a cercare altrove per i servizi di root”. Una minaccia, dunque, che ventila addirittura la creazione di una Internet parallela…

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Pubblicato il
21 nov 2000
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