Lingue straniere, meglio da bambini

Lingue straniere, meglio da bambini

Una ricerca italiana dimostra la differenza fisiologica tra madrelingua e altri idiomi. Chi comincia prima, impara meglio
Una ricerca italiana dimostra la differenza fisiologica tra madrelingua e altri idiomi. Chi comincia prima, impara meglio

Una lingua straniera si impara meglio se si inizia prima dei cinque anni . Dopo questo limite, ogni tentativo di riuscire a padroneggiarla come fosse la propria madrelingua sarà impossibile: si potranno raggiungere livelli di eccellenza, ma non sarà mai la lingua d’elezione. A rivelarlo, gli studi sul cervello condotti dall’Università di Milano Bicocca.

In un articolo pubblicato sul Biological Psychology , la professoressa Alice Mado Proverbio ha mostrato come la materia grigia risponda in modo differente agli stimoli in diversi idiomi: quindici interpreti la cui competenza in inglese era ritenuta pari a quella di un madrelingua sono state messe alla prova con una serie di parole in lingua straniera proiettate su uno schermo, mentre i ricercatori ne monitoravano l’attività cerebrale.

Il risultato è stato sorprendente: contrariamente a quanto affermato in studi precedenti, il team ha evidenziato una differenza sostanziale nella reazione fisiologica in caso di presenza di parole italiane o straniere. L’elettroencefalogramma ha mostrato infatti un picco di segnale nella regione anteriore sinistra del cervello, quella dove l’immagine viene identificata come parola, con valori nettamente superiori nel caso si trattasse del proprio linguaggio rispetto all’inglese o al tedesco.

Il picco si verifica all’incirca tra i 150 e i 200 millisecondi dopo la proposizione della parola. Il cervello distingue la madrelingua dalle altre prima ancora di aver effettivamente identificato e compreso di quale parola si tratti : anche questo un risultato che ha stupito gli addetti ai lavori.

La differenza tra la lingua madre e un idioma appreso solo in età scolare è spiegato dalla professoressa con un esempio: “Un bimbo impara che un /kol’tɛ:llo/ – la cui forma sonora viene elaborata nella corteccia temporo/parietale posteriore – è lungo, affilato, lucente, freddo, appuntito, che solo gli adulti lo possono maneggiare, che è pericoloso e può procurare delle ferite”. Il termine equivalente in un’altra lingua verrà appreso soltanto in seguito, e “corrisponderà invece all’acquisizione di un’informazione di tipo puramente fonetico ed ortografico, e non condividerà il substrato neurobiologico della memoria dell’individuo”.

Pertanto le parole e le lingue apprese nei primi cinque anni di vita si rafforzano nel loro significato e si mescolano alle informazioni pratiche apprese nel corso della crescita. Al contrario, le lingue straniere imparate a scuola restano una informazione immagazzinata esclusivamente come conoscenza a se stante in un’altra area del cervello, priva dei riferimenti diretti alle esperienze acquisite.

“La nostra madrelingua è quella in cui pensiamo, sogniamo e proviamo emozioni” spiega Mado Proverbio. Grazie ai risultati di questo studio, ora sarà possibile scoprire quale sia la lingua originaria di chiunque venga sottoposto ad un test simile: “Il risultato è ancora più interessante – conclude – se si considera che altri metodi utilizzati per identificare la nazionalità di un individuo sulla base di test linguistici (ad esempio, l’analisi dell’accento, della pronuncia, della conoscenza di fatti geografici e culturali) sono a tutt’oggi considerati poco attendibili”.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
27 mag 2008
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