Linux è gratis. Ma non basta

Linux è gratis. Ma non basta

di Federico Penco. Se il sistema operativo open source vuole davvero estendere il proprio raggio d'azione deve muoversi in nuove direzioni. A cominciare dalle garanzie d'uso
di Federico Penco. Se il sistema operativo open source vuole davvero estendere il proprio raggio d'azione deve muoversi in nuove direzioni. A cominciare dalle garanzie d'uso


Web – Conviene sviluppare software sotto licenza pubblica generica? Fermo restando che GNU/Linux rappresenta un prodotto maturo e meritevole di considerazione e che proprio grazie alla GPL è potuto diventare tale, sono necessarie alcune considerazioni su un punto oscuro di quella che, senza alcun dubbio, si è dimostrata essere un’arma vincente del movimento del free software.

La licenza pubblica generica espressamente prevede per i suoi destinatari il permesso legale di copiare, distribuire e modificare il programma da essa coperto (tutto ciò in base al principio che il titolare del copyright può fare quel che vuole del suo diritto).

Allo stesso tempo la licenza specifica che non sono previste garanzie per i programmi sotto GPL, anzi: a chiare lettere sono escluse sia la garanzia di utilizzabilità per uno scopo determinato sia la garanzia per eventuali danni quali perdita o corruzione di dati o incompatibilità con altro software. Si tratta della cosiddetta clausola “as is”.

Certo, il singolo sviluppatore può scegliere di assoggettare a garanzia il proprio programma (la stessa GPL lo prevede), ma solo in via subordinata.

Il destinatario non è obbligato ad accettare esplicitamente le condizioni della licenza. Tuttavia utilizzando, copiando o modificando il programma, egli fa capire di accettare in modo tacito i termini e le condizioni del contratto nel suo complesso. Diverse volte il testo della GPL ribadisce che o la licenza viene accettata e rispettata integralmente oppure il software non può essere distribuito o modificato in alcun modo.

A questo riguardo è necessario fare due ordini di considerazioni.
In primo luogo, se mentre nei suoi primi anni di vita GNU/Linux poteva permettersi di essere immesso sul mercato senza garanzie, anche in ragione della sua sostanziale gratuità (se ne paga solo il costo di distribuzione o poco più!), oggi che l’amico pinguino aspira a popolare i desktop (e le workstation) di tutto il mondo, non dovrebbe forse consacrare quell’affidabilità che già da qualche tempo può vantare sul piano della sicurezza e delle prestazioni, anche sul piano giuridico contrattuale che ne definisce le modalita d’uso?!

E’ immaginabile un prodotto destinato ad una massa indefinita di utenti-consumatori, privo di garanzie? Gli sviluppatori di software libero non dovrebbero avere più coraggio e fiducia nel proprio lavoro? L’assenza di un prezzo “reale” non può più giustificare questa mancanza, perché Linux non è più un trastullo per “smanettoni” ma qualcosa di più, soprattutto con l’uscita del kernel 2.4!

Ed in seconda battuta, sul piano normativo, come si concilia l’assenza di garanzie con la normativa italiana e comunitaria? Con qualche perplessità!

Trattandosi di una licenza modellata su una disciplina straniera (non dimentichiamo che negli U.S.A. il software può essere brevettato), in un campo senza alcun dubbio d’avanguardia, non si ha alcuna giurisprudenza in tema di applicazione di alcune delle norme fondamentali sulla tutela del consumatore, nel nostro ordinamento. Di conseguenza, la clausola “as is” deve essere stipulata per iscritto? E, se sì, il contratto concluso tacitamente deve considerarsi sottoposto a condizioni generali di contratto come disciplinate dall’art. 1341 c.c. oppure ad una clausola vessatoria ai sensi dell’art.1469 bis e seguenti?

Che il software libero nella maggior parte dei casi non venga pagato dal suo utilizzatore non vale a sostenere che in caso di perdita o corruzione di dati importanti per l’utente, a causa di bug, errori di programmazione o incompatibilità, lo sviluppatore o il distributore del programma incriminato non siano responsabili del danno subito da chi si è affidato a quel determinato prodotto. Nessuno vuole sostenere che si debba trasformare l’obbligazione in questione in un obbligazione di risultato. E ‘ pacifico che dagli sviluppatori si possano pretendere solo ottimi strumenti di lavoro e non garanzie di successo…

Chi vuole sviluppare software libero ed assoggettarlo alla disciplina della GPL deve rammentare di apportare alla licenza le necessarie modifiche (nel senso di introdurre quanto meno una garanzia di corretto funzionamento per uno scopo ben determinato). Si tratta, peraltro, di un’operazione largamente prevista già fra le righe della licenza stessa. Bisogna essere consci del fatto che la normativa comunitaria, e quindi anche quella italiana, appronta gli strumenti necessari per sopperire alle mancanze dei regolamenti contrattuali nell’ambito della tutela dei consumatori, con tutti gli obblighi che ne derivano.

Federico Penco

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Pubblicato il 5 mag 2000
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