Londra censura ancora: fermate Godfrey

Londra censura ancora: fermate Godfrey

Dopo essere riuscito a mettere nei guai Demon, il medico antiUsenet causa la chiusura di un sito anticensura. Ma la colpa è di leggi poco chiare e di giudici che non conoscono la rete
Dopo essere riuscito a mettere nei guai Demon, il medico antiUsenet causa la chiusura di un sito anticensura. Ma la colpa è di leggi poco chiare e di giudici che non conoscono la rete


Web – In Gran Bretagna sono alla frutta. Come altrimenti descrivere una situazione creatasi nel giro di due settimane che rende i provider responsabili per i contenuti che passano sui loro server, che siano siti o newsgroup poco importa? Dopo la sentenza di condanna del provider Demon , colpevole di non aver censurato un messaggio in un newsgroup, è arrivata ieri una nuova mazzata. Il sito anticensura della Campaign Against Censorship of the Internet, CACIB è stato chiuso d’ autorità dal provider che lo ospitava, timoroso di conseguenze legali.

Il caso è ancora una volta legato al medico Laurence Godfrey, quello che ha trascinato Demon in tribunale ottenendo la clamorosa sentenza di cui Punto Informatico si è già occupato. Questa volta Godfrey non era offeso per un messaggio di un newsgroup, ma per un commento pubblicato sul sito del CACIB, commento che se la prendeva con Godfrey per la clamorosa sentenza contro Demon.

Godfrey ha chiesto al CACIB di rimuovere il commento ma l’organizzazione ha rifiutato. Così il medico ha deciso di minacciare di denuncia il provider che ospitava il sito del CACIB, ottenendo che il sito stesso venisse tirato giù. E mentre Godfrey ripete che il CACIB sta costruendo un caso dal niente, perché lui voleva “soltanto” che venisse levato quel commento e non chiuso il sito, in Gran Bretagna cresce il timore di una nuova ondata di censure e controcensure.

La sentenza contro Demon e gli eventi di queste ore, infatti, attribuiscono ai provider responsabilità che non dovrebbero avere, quella sui contenuti dei bit che passano sui propri network o che risiedono sui propri server. Al pari di una compagnia telefonica che non è responsabile per le conversazioni che avvengono tra utenti, non si vede come un provider possa esserlo per i messaggi sui newsgroup o per un articolo su un sito. Sono in molti, riferisce The Register, a respirare in questi giorni un’aria di censura che ricorda i primi maldestri tentativi della “giustizia” di occuparsi della rete. Ma cinque anni fa, forse, erano almeno parzialmente giustificati da una quasi comprensibile ignoranza delle cose . Oggi, invece, certe decisioni costituiscono un serio pericolo.

Il CACIB intanto riapparirà, pare, su server americani.

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Pubblicato il
12 apr 2000
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