Milano – Il percorso dell’innovazione potrebbe portare a macchine a tal punto complesse da non essere più gestibili dall’uomo, non tanto in termini di capacità quanto sotto il profilo dei costi e dei benefici . Non si tratta di uno scenario futuribile che appassiona analisti hi-tech, ma di un tema tra i più dibattuti nella comunità scientifica internazionale. Anche per l’impatto in termini di business che può generare la corsa alla complessità . Di questo tema Punto Informatico ha parlato con Alan Ganek (nella foto qui sotto), vicepresidente responsabile della divisione Autonomic Computing di IBM, presente nei giorni scorsi a Monza per un evento di presentazione delle nuove soluzioni software ideate da Big Blue.
Punto Informatico: Mister Ganek, molti osservatori affermano che lo sviluppo dell’informatica e quello delle reti sono prossimi a un bivio: il proliferare delle informazioni disponibili e la necessità di disporre di soluzioni in grado di elaborarle stanno conducendo a un livello di complessità dei sistemi senza precedenti e presto i conti potrebbero non tornare più. Si rischia, insomma, di superare le capacità umane o quanto meno l’utilità di gestire macchine così complesse. È d’accordo?
Alan Ganek: È un tema di cui si discute da tempo, soprattutto per le implicazioni di business. Allo stato attuale ci sono tre linee di tendenza nel processo di semplificazione dei data center: da una parte si cerca di semplificare l’infrastruttura, dall’altra di migliorare i processi di controllo e gestione delle macchine, attraverso una gestione integrata dei sistemi che garantiscono il controllo e la gestione dei data center. Tra i nostri clienti assistiamo a un progressivo spostamento verso i network basati sulla rete Internet e al consolidamento dei loro server distribuiti in un BladeCenter. Strategie che contribuiscono a migliorare l’efficienza, riducendo al contempo i consumi energetici.
PI: Queste strategie saranno sufficienti a evitare che la situazione sfugga di mano?
AG: Queste sono le strade praticabili al momento e che possono garantire buoni risultati. Lo stesso vale per quanto riguarda i processi, con un’attenzione crescente verso l’It Infrastracture Library (ITIL), che consente l’ottimizzazione degli stessi basata sulle pratiche che si sono rivelate vincenti.
PI: È possibile immaginare macchine capaci di autogestirsi in modo da ridurre da sole la propria complessità?
AG: È questa la direzione verso cui si sta muovendo l’industria. Per quanto ci riguarda, abbiamo lanciato nell’ormai lontano 2001 un ragionamento sull’autonomic computing per ridurre l’intervento umano.
PI: Di cosa si tratta nello specifico?
AG: Partiamo dalla considerazione che, in un sistema capace di autogestirsi, l’uomo deve limitarsi a definire le regole generali di funzionamento senza interessarsi della gestione pratica.
Il progetto dell’autonomic computing abbraccia i concetti di: auto-configurazione (intesa come possibilità di adattare il sistema ai veloci cambiamenti dell’ambiente esterno, aumentando così la sua velocità di risposta), auto-ottimizzazione (per ottenere un’efficienza operativa mediante il tuning delle risorse e del carico di lavoro), auto-gestione e auto-protezione (per mettere al sicuro informazioni e risorse anticipando, rilevando, identificando e proteggendo il sistema da attacchi maliziosi e non).
a cura di Luigi dell’Olio