Machine learning e satelliti per il rewilding

Machine learning e satelliti per il rewilding

In Olanda, facendo leva su satelliti, sensori e machine learning, si tenta di capire come la natura sa adattarsi per riappropriarsi dei propri spazi.
Machine learning e satelliti per il rewilding
In Olanda, facendo leva su satelliti, sensori e machine learning, si tenta di capire come la natura sa adattarsi per riappropriarsi dei propri spazi.

Rewilding, termine probabilmente non traducibile perfettamente in Italiano se non attraverso il concetto di un ritorno ad uno stato più primitivo di una natura senza l’uomo. Si potrebbe parlare forse, più che di un ritorno al “selvaggio”, ad un ritorno ad una fase deantropomorfizzata. L’idea è quella di restituire parzialmente alla natura quel che era della natura, togliendo l’uomo da aree precise per capire come la natura sappia recuperare i propri spazi.

Come? Usando la tecnologia per allontanare l’uomo e usando l’Intelligenza Artificiale per capire come accelerare questo processo.

Rewilding con il machine learning

Per raggiungere al meglio l’obiettivo del “rewilding”, l’Institute of Environmental Sciences della Leiden University intende mettere in campo le migliori tecnologie per osservare e studiare da remoto aree isolate e appositamente lasciate a sé stesse. A partire dal 1968 un’area da 56 km2 denominata Oostvadersplassen è stata isolata in Olanda per lasciare che la natura si riprendesse i propri spazi.

Nella prima fase dell’esperimento si è lasciato spazio al verde, affinché la fauna non potesse irrimediabilmente stroncare sul nascere un ecosistema ancora evidentemente fragile. In una seconda fase, invece, sono stati introdotti animali erbivori per valutarne l’impatto.

Entra invece ora in gioco la tecnologia.

I ricercatori stanno ora utilizzando i dati carpiti tanto dal satellite Landsat quanto dal Copernicus Sentinel-2 (progetto europeo nato originariamente per “garantire all’Europa una sostanziale indipendenza nel rilevamento e nella gestione dei dati sullo stato di salute del pianeta“), usando il tutto in commistione con apposite telecamere e sensori dislocati nell’area isolata, per raggiungere un grado di conoscenza più approfondito. In particolare lo studio sul rewilding intende capire come la vegetazione si adatta all’impatto con gli animali erbivori, cambiando sotto molti punti di vista (densità, altezza, spessore) in risposta ai cambiamenti della biosfera.

Il forte flusso di dati in fase di raccolta andranno gestiti infine con processi di machine learning, cercando così le corrispondenze tra i dati raccolti per lasciar emergere nuove verità fino ad oggi non propriamente note. Capire i meccanismi del rewilding potrebbe consentire processi accelerati di restituzione alla natura di aree antropomorfizzate ed in seguito abbandonate, nell’auspicio che la natura possa risolvere problemi che l’uomo ha creato e sta creando a ripetizione.

Il pianeta è sempre più piccolo, le risorse son sempre più scarse, ma la tecnologia può forse insegnare all’uomo come fare qualche passo indietro per poterne fare qualcuno in avanti.

Fonte: ESA
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Pubblicato il
12 set 2019
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