Kuala Lumpur (Malaysia) – Il regime malese continua a dibattersi tra i tentativi di apertura alla Rete e alle tecnologie e le difficoltà a concedere la libertà di parola. Un “dibattersi” che ieri ha portato all’annuncio ufficiale che il Governo non tollererà più che utenti malesi utilizzino la Rete per pubblicare quelli che possono venire considerati dal regime come “insulti all’Islam”.
Stando a quanto riferito al Parlamento da funzionari della Presidenza, gli utenti malesi che si macchieranno di questi “crimini” verranno perseguiti secondo la legge islamica. E verranno individuati coloro che di recente “hanno preso in giro Maometto e il Corano” pubblicando “interpretazioni personali” per creare “tensioni tra i musulmani”.
Va detto che la legge islamica a cui ha fatto riferimento il Governo si applica ai soli cittadini malesi musulmani, in quanto per tutti gli altri vige la legge dello Stato, un ordinamento che, solo formalmente, si ispira a quello britannico. Il musulmano che venisse individuato come autore di “insulti”, dunque, rischierebbe fino a tre anni di carcere.
D’accordo con il Governo il rappresentante locale di Cisco Systems, una delle numerose aziende hi-tech occidentali attive nel paese, secondo cui questa faccenda non va legata alle questioni pendenti sulla censura online: “Se qualcuno fa qualcosa di sbagliato secondo la legge islamica, allora dovrebbe essere punito”. Lo stesso rappresentante ammette però che: “Tutti sanno che non tutto ciò che si trova in Rete va preso sul serio. C’è molta immondizia”.