Medioevo cubano

Medioevo cubano

di P. De Andreis. Il regime di Castro mette fuori legge il commercio di materiali informatici per estendere il controllo. Non sono segni di debolezza, sono evidenze che su undici milioni di persone sta per abbattersi un furioso temporale
di P. De Andreis. Il regime di Castro mette fuori legge il commercio di materiali informatici per estendere il controllo. Non sono segni di debolezza, sono evidenze che su undici milioni di persone sta per abbattersi un furioso temporale


Roma – Quando è venuto in Italia, hanno fatto a gara in tanti per stringergli la mano e i telegiornali hanno speso per le sue parole più di quanto abbiano fatto per quelle dei leader democratici. Ora l’ultima mossa dell’obsoleto regime di Fidel Castro può rappresentare un’occasione di ripensamento per gli osannanti. Già, perché appare davvero ingiustificabile il divieto di vendita in Cuba di materiali informatici.

E’ bene sapere, infatti, che L’Avana ha deciso che nessuno potrà vendere al pubblico monitor, stampanti, personal computer e accessori informatici ad acquirenti non governativi con l’eccezione dei soli casi in cui questo sia ritenuto “indispensabile”, casi nei quali si dovrà comunque ottenere un’autorizzazione speciale dal ministero del Commercio.

Al contrario di quanto accade in altri paesi, specialmente mediorientali e asiatici, dove l’utilizzo delle nuove tecnologie è pesantemente censurato, L’Avana non può trincerarsi dietro a claudicanti ragioni di natura religiosa ma solo dietro ad un anacronistico integralismo. Al punto che il suo divieto è una nuova imbarazzante ammissione di incapacità nel censurare il mondo digitale e le opinioni dei dissidenti, come vengono chiamati a Cuba coloro che si macchiano del crimine di avere idee diverse o che sono sospettati di averle.

Ai cubani già oggi è praticamente vietato accedere al web e utilizzare la posta elettronica. Il divieto al commercio pronunciato a gennaio, ma emerso soltanto nelle scorse ore grazie ad un sito di informazione cubana indipendente che non a caso ha sede a Miami, in Florida, è un poco astuto tampone con cui il regime di Castro può tentare di ostacolare ancora una volta il flusso delle idee libere.

Quanto è stato deciso a L’Avana non solo è gravissimo perché ritarda il momento in cui undici milioni di persone potranno scegliere se e come uscire dall’incubo militar-rivoluzionarista ma anche perché all’incedere rapidissimo della comunicazione globale l’oppressiva dittatura cubana non trova di meglio che rispondere con un nuovo episodio di insopportabile infantilismo. Si astrae infatti dalla realtà trascinando con sé folle di esseri umani a cui non è neppure concesso di formare una propria opinione perché vengono a loro sottratti persino i mezzi necessari per farlo.

Se Castro non se la sente di entrare nell’era digitale e cogliere l’opportunità di un pur tardivo ravvedimento allora la decenza impone di smettere di applaudire.

Paolo De Andreis

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Pubblicato il 28 mar 2002
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