Microsoft contro le frodi da click

Microsoft contro le frodi da click

In uno dei primi casi legali di una certa levatura economica, Redmond chiama alla sbarra i responsabili e chiede i danni. Un mare di danni
In uno dei primi casi legali di una certa levatura economica, Redmond chiama alla sbarra i responsabili e chiede i danni. Un mare di danni

Dopo un’indagine durata oltre un anno, Microsoft ha denunciato Eric Lam, Gordon Lam e Melanie Suen con l’accusa di aver condotto una truffa a mezzo click nei confronti della piattaforma di advertising della società , provocando danni monetari a Redmond e alle aziende che hanno dovuto pagare per mantenere i propri link in alto nella graduatoria del motore di ricerca.

Anche qui si parla di click fraud , ma questa volta invece dei pubblicitari a denunciare i presunti colpevoli è direttamente la società fornitrice dei risultati della ricerca. Microsoft in particolare chiede 750mila dollari di risarcimento, una somma che nelle intenzioni deve fungere soprattutto da monito a chiunque decida provare a condurre simili pratiche.

“Abbiamo deciso di diventare più attivi nell’area delle frodi commerciali dal punto di vista dell’imposizione della legge” ha dichiarato l’avvocato di Microsoft Tim Cranton, spiegando che “l’idea è quella di cambiare l’economia intorno ai crimini da frode rendendola più costosa” per chi li mette in pratica.

A Redmond si sono accorti che qualcosa non andava nei click registrati dalla piattaforma di advertising aziendale, in cui le dot.com o chiunque altro versa denaro per rimanere in alto nella lista dei link a pagamento posta accanto ai normali risultati della ricerca. Maggiore è il numero di click verso gli URL e maggiore sarà la somma chiesta da Microsoft per il servizio, e le prove raccolte in questi mesi hanno evidenziato come i nomi di Eric Lam e famiglia fossero connessi a un aumento spropositato di click (evidentemente fraudolenti) verso siti web dedicati ad assicurazioni auto e al gaming on-line di World of Warcraft.

Col prosieguo delle indagini i punti della ragnatela sono stati uniti e alla fine è venuto fuori il presunto piano generale, che vede Lam (e 7 diversi account riconducibili a lui e alla sua famiglia) impegnato in veste di proprietario di siti di assicurazione auto inclusi nei piani di advertising di bassa classifica, che si giovavano di un salto “gratis” ai primi posti della suddetta classifica una volta che i siti web subissati dai click malevoli avevano esaurito il loro budget prepagato per l’advertising .

Secondo quanto sostiene Cranton, il messaggio inviato da Microsoft con questa causa (civile) è chiaro: “Voi credete che si tratti di un gioco del gatto che insegue il topo” dice il legale, ma “a un certo punto, una volta che avremo scoperto chi siete, vi riterremo responsabili del problema, sarà una cosa costosa e vi dissuaderemo dal farlo ancora perché state truffando gli inserzionisti e i netizen”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
17 giu 2009
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