Pare proprio che i tempi cambino anche per NASA: l’agenzia statunitense della “superiorità spaziale”, un tempo pozzo senza fondo in cui i presidenti pompavano fondi per riaffermare al mondo l’eccellenza e la lungimiranza tecnologiche degli States, sta attraversando un periodo di transizione in cui dovrà adattarsi a nuovi budget, nuove tecnologie di trasporto e nuovi obiettivi.
La tappa obbligata della transizione verso la nuova agenzia spaziale è costituita dal definitivo abbandono dello Space Shuttle, che dopo oltre 20 anni di attività si prepara alle sue ultime missioni prima di essere destinato agli hangar il prossimo anno. Lo Space Transportation System (STS), come viene ufficialmente chiamato lo Shuttle, manderà ancora 9 crew nello spazio, verso la International Space Station e la prossima (e ultima) missione di manutenzione dell’ Hubble Space Telescope , componente emerito del Great Observatories program anch’esso in via di pensionamento negli anni a venire.
Lo Shuttle verrà sostituito dalla nuova accoppiata di Orion (la navetta di trasporto degli astronauti) e Ares (il razzo vettore di nuova generazione), e la conseguenza più immediata del suo abbandono da parte di NASA è la riduzione dei posti di lavoro a contratto che hanno sin qui servito il progetto. I primi tagli contano 160 lavoratori responsabili per la manifattura del serbatoio di carburante esterno a New Orleans e dei razzi vettore realizzati nello Utah.
In totale, sino a settembre si attende una riduzione di forza lavoro complessiva di 900 unità, anche se val la pena sottolineare come gli stessi contractor che hanno sin qui rifornito lo Shuttle (Lockheed Martin, Boeing e altri) continuano a lavorare con l’agenzia al progetto Orion+Ares. A essere invece parecchio preoccupati per la vicenda sono i tanti business e i servizi di ristoro della “Space Coast” della Florida, che guardano con apprensione alla riduzione di guadagni che potrebbe abbattersi sulla zona nel corso dei prossimi cinque anni.
Il progetto di astronautica statunitense va avanti ma un altro grande cambiamento, o per meglio dire un ridimensionamento di obiettivi, è stato annunciato dall’ acting administrator di NASA Chris Scolese direttamente al Congresso: il paventato avamposto permanente sulla Luna, da realizzare entro il 2020, probabilmente non ci sarà . Gli americani torneranno sulla Luna entro la data prefissata, ma piuttosto che una base stanziale ci costruiranno una struttura adeguata per missioni di diverso tipo.
D’altronde, riafferma Scolese, l’avamposto lunare è sempre stato un progetto ponte, da usare per raccogliere dati utili al vero obiettivo costante nei pensieri dell’agenzia, vale a dire l’invio di esseri umani sul Pianeta Rosso. Nonostante le esigenze del budget, la perdita di lavoratori e il pensionamento dello (degli) Shuttle, la NASA su Marte vuole comunque arrivarci.
Alfonso Maruccia