Nell'età dell'oro non è l'oro a rendere

Nell'età dell'oro non è l'oro a rendere

di Giuseppe Augiero. Quando la corsa è all'oro servono gli strumenti per tirarlo fuori dal terreno, per dividere l'argilla dalle pagliuzze, strumenti che rendono ricco chi li vende. Sulla Rete questi utensili li forniscono i provider
di Giuseppe Augiero. Quando la corsa è all'oro servono gli strumenti per tirarlo fuori dal terreno, per dividere l'argilla dalle pagliuzze, strumenti che rendono ricco chi li vende. Sulla Rete questi utensili li forniscono i provider


Roma – C’era una volta… La “febbre dell’Oro” iniziò in America verso la fine dell’Ottocento. Sempre più persone iniziarono ad investire i loro risparmi per cercare filoni d’oro. Un piccone e una lanterna, nel caso di una miniera, oppure stivali e setaccio, nel caso di un fiume, erano gli attrezzi indispensabili per cercare l’oro.

Tutti i pionieri erano accomunati da un unico obiettivo: trovare pepite d’oro e di conseguenza arricchirsi.

Quanti di loro si arricchirono? La storia c’insegna che veramente pochissime persone guadagnarono grandi somme e diventarono “ricchi”, mentre un’ingente parte dei cercatori d’oro si ridusse al lastrico. Per loro la febbre dell’oro fu solo un “virus” che li ammalò per sempre.

A questo punto la domanda nasce spontanea: “Durante quel periodo, chi ci guadagnò effettivamente?”.

Provando ad analizzare l’intero periodo, è facile scoprire che diventarono ricchi coloro che offrirono i “mezzi” necessari ai pionieri dell’età dell’oro, vale a dire coloro che fabbricarono e vendettero i badili, i picconi, i setacci e le lanterne. Inoltre, grazie al “business” creato, fu possibile finanziare e costruire la Ferrovia: “La Grande strada ferrata”.

Nelle pagine della storia di episodi del genere ne abbiamo visti tanti. A metà degli anni novanta i nuovi pionieri dell’era digitale iniziarono ad offrire la possibilità di collegarsi ad Internet. Nacquero, così, i primi ISP (Internet Service Provider) o, semplicemente, come tutti noi li abbiamo chiamati: Provider. Piccole società investirono i propri fondi per l’acquisto di tutte le strutture tecniche necessarie per offrire ai propri utenti l’accesso ad Internet. I pionieri dell’era digitale, inoltre, dovettero accollarsi il pagamento dell’esoso canone per l’affitto delle linee dedicate, offerte dall’unico carrier esistente in quel periodo in Italia: la Telecom, la quale iniziò, in un secondo momento, ad offrire direttamente agli utenti la possibilità di accedere ad Internet. In uno scenario siffatto, Telecom Italia assunse il duplice ruolo di fornitore di connettività e di provider, creando una concorrenza forse non leale, che portò alla chiusura delle aziende create dai pionieri dell’era digitale.

Chi ci guadagnò? Anche in questo caso trassero profitto coloro che offrirono gli “utensili” ai pionieri, in particolare le aziende produttrici di router, switch e terminal server.

Gli economisti dicono: “La storia può essere descritta attraverso cicli, ha boom (mode) e ribassi…”

Ora è il momento dell’e-business, cioè la globalizzazione del commercio, la possibilità di effettuare acquisti attraverso la navigazione di Internet.

Tantissime sono le aziende, e altrettante quelle che stanno nascendo, che si propongono di offrire i sistemi e le conoscenze per realizzare il commercio elettronico. Sembra quasi di rivedere qualcosa che abbiamo già visto e di cui crediamo di conoscere il finale.

Cosa succederà questa volta? Come diceva il Manzoni: “Ai posteri l’ardua sentenza..”

Giuseppe Augiero

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Pubblicato il
4 nov 2000
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