NetBios/ Discreet Musing: i blog, i glog...

NetBios/ Discreet Musing: i blog, i glog...

di Chiara Ferrari - Cerchi un'alternativa per continuare a comunicare. Pensi a una soluzione che ti permetta di non esistere se non come puro contributo a un sistema di contenuti decentralizzati, molecolari
di Chiara Ferrari - Cerchi un'alternativa per continuare a comunicare. Pensi a una soluzione che ti permetta di non esistere se non come puro contributo a un sistema di contenuti decentralizzati, molecolari


Roma – Non possiedi un blog per un motivo fondamentale: sei un cyborg.
Hai fatto questa scelta di vita alcuni anni fa. Da allora sono cambiate un sacco di cose.
Per motivi che ora non ricordi in quel periodo stavi leggendo il Panopticon , il progetto di carcere modello elaborato da Jeremy Bentham in cui i prigionieri erano isolati gli uni dagli altri e sorvegliati da una torre posta al centro della struttura. Ti aveva colpito molto e ti aveva fatto riflettere su cosa volesse dire vivere senza poter comunicare con gli altri, tenuti sotto stretta sorveglianza da guardiani che non potevi vedere in faccia, ma sapevi che c’erano da qualche parte. In quello stesso periodo hai intuito a cosa servisse veramente il tuo PC.

Nel 1960 Manfred Clynes parlò per la prima volta di “organismi cibernetici”, detti anche “cyborg” e definiti come esseri umani con capacità potenziate o controllate da macchine.
Teorie successive (tra tutte quella della Humanistic Intelligence ) concentrarono l’attenzione su dispositivi tecnologici di tipo informatico riconoscendo un rapporto simbiotico tra computer e essere umano (mente e corpo): l’uno era la periferica dell’altro.
Attenzione! Non stiamo parlando di intelligenza artificiale; nessun computer sostituisce o simula i processi intellettivi umani. Si tratta, come già detto, di un rapporto simbiotico in cui la rete neurale umana crea le condizioni per la definizione di una realtà mediata dalla tecnologia, senza nessuna determinazione o sforzo consapevole. Si tratta di un tipo di intelligenza “espansa” dai processi computazionali generati e alimentati dal feedback continuo tra uomo e protesi.

Steve Mann ha inventato il computer indossabile, il Wearcomp.
Ci ha lavorato per più di 30 anni e quello che ha ottenuto ora si chiama Wearcam. Visto da fuori non si tratta che di un paio di occhiali con lenti molto scure. In realtà Mann non vede nulla della realtà che lo circonda, non direttamente almeno. Ciò che vede è un video in streaming sparato tramite un proiettore laser contro le sue retine grazie a un sistema di due dispositivi elettronici che catturano immagini del mondo circostante, le confrontano con dati presenti sul computer domestico o sul web e le restituiscono elaborate secondo le informazioni ricevute. Quello che Mann ha voluto ottenere è la facoltà di accedere ad una “realtà mediata”, manipolata dall’interazione con altri utenti in grado di connettersi a lui con altrettanti dispositivi indossabili. La dimensione esperienziale creata dalla interconnessione di corpi, menti e Wearcomp definisce una realtà in cui l’oggettività compatta del mondo esterno, della “vita vera” viene smentita perché arricchita, filtrata ed elaborata dalle esperienze della comunità di individui collegati tra loro grazie ai computer indossabili e in grado di inviarsi messaggi di ogni tipo in tempo reale.

Perché Steve Mann ha inventato il Wearcomp? Per diventare un cyborg.
Perché voleva diventare un cyborg? Per essere libero. Libero nel senso di non identificabile come singola unità all’interno di una rete di comunicazione assai meno democratica di quello che sembra. Perché indossare strani aggeggi dovrebbe consentire a un utente della rete di comunicare senza essere identificabile? Perché si diventa corpi conduttori di un flusso di pensiero puro, sgombro da dati riconducibili alla nostra vita privata, “stream of deconsciousness” come lo definisce Mann.
E lo spiega così: due individui interagiscono tra loro attraverso dispositivi che indossano e che sono in grado di produrre input multipli. Questi input generano un unico segnale con il tramite di un sistema che camuffa l’identità del soggetto che ha prodotto l’input iniziale (“Attribuition Obfuscator”). Il dato aggregato passa a un processore (“Atom Generator”) che crea un “atomo”, inteso come la combinazione di più eventi simultanei prodotti da individui diversi in uno spazio condiviso, “in rete”. Questo atomo è l’output dell’interazione, è composto da micro contributi che non possono più essere ricondotti agli individui che li hanno prodotti. Questi individui sono liberi membri di una comunità in grado di creare un sistema di comunicazione di tipo collaborativo in cui i contributi dei singoli vengono valorizzati nelle loro potenzialità informative, didattiche, divulgative proprio dalla impossibilità di ricondurli a chi li ha creati. Libera circolazione, democratizzazione dei flussi informativi attraverso tecnologie che permettono di trasmettere rappresentazioni “nude” della realtà, definizione di un sistema condiviso e open source di criptazione dell’intelligenza collettiva.

Il tuo PC serviva a comunicare.
Le prime connessioni sono state deprimenti, poi però è andata sempre meglio. Hai trovato altri con le tue stesse idee. Hai subito pensato che sarebbe stato molto interessante poterle condividere. Poi ti sei ricordato della lettura appena conclusa, il Panopticon. Hai pensato che le tue idee e quelle degli altri meritassero un sistema libero, senza guardiani, in cui le informazioni potessero circolare rimbalzando da un computer all’altro, incrementate ad ogni urto da un po’ di conoscenza in più.


I weblog li hai scoperti mentre cercavi un canale indipendente di informazione in cui il topic, la notizia del giorno, prendesse corpo attraverso i contributi degli utenti.
Ma poi ti sei accorto che stavi cercando i nodi di una rete di saperi condivisi, un ecosistema brulicante di pensieri e voci, un progetto di conoscenza organica.
Ti ha affascinato il concetto di “open editing” e sei arrivato al Wiki.

“WikiWiki” in hawaiano significa “veloce”.
Il Wiki è un groupware, un software che permette a una comunità di utenti di creare ed editare liberamente pagine web operando direttamente sia sui contenuti che sulla loro organizzazione all’interno di un “WikiWikiWeb”.

Hai apprezzato Wikipedia , una enciclopedia online nutrita da redattori volontari, coinvolti in un progetto ambizioso di compilazione open source di articoli e successive integrazioni. Hai intravisto una comunità devota a un concetto dinamico e modulare di “sapere” e “cultura”.

Hai verificato connessioni ipertestuali e percorsi tematici. Hai seguito correlazioni di argomenti, ‘pingato’ riferimenti incrociati ( Trackback ). Hai usato aggregatori, permalink, blogroller, feed RSS . Poi ti sei spaventato.
Ti sei sentito intrappolato in una rete parallela, sempre più vischiosa. I nodi di questa rete li hai visti ingrossarsi e poi hai visto anche il ragno.

Perché Google ha comprato Pyra e quindi Blogger e quindi Blog*spot ?
Per la rete, per le tracce, per i log.

Cerchi un’alternativa per continuare a comunicare. Pensi a una soluzione che ti permetta di non esistere se non come puro contributo a un sistema di contenuti decentralizzati, molecolari.
Immagini il tuo corpo e la tua mente come conduttori di esperienze e informazioni ad uso di altri che come te stanno cercando di creare una nuova dimensione in cui la conoscenza viaggia su segnali non intercettabili.

I “glog” o “cyborg log” registrano le esperienze sensoriali di un individuo che si muove nel mondo reale indossando device tecnologici in grado di amplificare le sue percezioni. I glog sono l’unità costitutiva di un archivio di informazioni derivanti da un network P2P e wireless.

Pensi che diventare un cyborg possa avere un senso. Se ti farà sentire libero avrà un senso. Se imparerai cose nuove avrà un senso. Se creerà un’alternativa avrà un senso.

Chiara Ferrari

Dello stesso autore:
NetBios/ P2P: Private To Public?

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Pubblicato il
21 feb 2003
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