NetBios/ P2P: Private To Public?

NetBios/ P2P: Private To Public?

di Chiara Ferrari - C'è lo spazio per lo scambio di file e c'è chi quello spazio sfrutta per sapere cosa circola sugli hard disk di decine di milioni di utenti. Che pagano il peer-to-peer, naturalmente
di Chiara Ferrari - C'è lo spazio per lo scambio di file e c'è chi quello spazio sfrutta per sapere cosa circola sugli hard disk di decine di milioni di utenti. Che pagano il peer-to-peer, naturalmente


Roma – Mentre scarichi musica FAI qualcosa e SEI qualcosa.
Fare: fai partire il client che hai scelto per l’operazione e cerchi quel particolare brano che a seconda dei casi sarà la ultima hit che hai sentito alla radio, o il pezzo che hai ballato ieri sera, o una chicca altrimenti introvabile o solo un assaggio dell’intero album che acquisterai più tardi.

Essere: aspetti i risultati della tua ricerca e da qualche secondo sei diventato ricky73, hai un indirizzo IP e una parte del tuo hard disk è visibile a quanti in quel momento hanno deciso di accedere al network.

Fare: individuato l’mp3 che cercavi inizi il download, cioè scarichi illegalmente un file protetto da copyright che qualcuno come te ha messo a disposizione degli altri (altrettanto illegalmente) in una particolare cartella sul suo hard disk.

Essere: mentre tu aspetti che il download sia completo, sei già diventato da qualche minuto un pirata e la cosa ti piace perché ottieni gratis qualcosa per cui avresti dovuto pagare molto o perché scopri qualcosa di nuovo o perché ora sei davvero convinto dell’acquisto che farai domani.

Ecco cosa accade in un network di file sharing secondo le regole del peer to peer, si condividono file tra pari.

Viste da fuori le cose cambiano e quello che stai facendo diventa molto interessante per qualcuno.

Big Champagne è una società californiana specializzata in ricerche di mercato e consulenze di marketing basate sulla tecnologia P2P. Utilizzando un software proprietario, misura il traffico all’interno dei più importanti network di file sharing, ne processa i dati e ricava da essi interpretazioni significative sotto forma di classifiche di preferenza (pubblicate sul sito), previsioni di sviluppo, tendenze di mercato.
Adam Toll, direttore responsabile dell’area preposta al data mining, parla di un volume di traffico di 25 milioni di ricerche al giorno per oltre 20 milioni di utenti che ogni mese utilizzano client quali FastTrack, iMesh, eDonkey, DirectConnect, Blubster, Gnutella, Overnet, Ares, Filetopia e FileNavigator per scambiarsi file musicali e non.

Quello che stai facendo diventa quindi molto interessante per chi vuole sapere quale artista o quale particolare brano di un artista è stato maggiormente cercato e scaricato, cioè le etichette discografiche.


Eric Garland, CEO di Big Champagne, non prende posizione rispetto al problema della violazione del copyright ma fa semplicemente notare come le informazioni che sono ricavabili dall’osservazione degli utenti delle reti di file sharing possano essere utilizzate per attività promozionali. La differenza sostanziale tra quello che altre società fanno, quali Mp3.com che tiene monitorati i file che gli utenti archiviano nei server o Amazon.com che profila gli utenti sulla base dei loro acquisti per poi inviare consigli “su misura” per quelli successivi, e quello che Big Champagne offre sta nel fatto che in questo caso si va letteralmente a guardare cosa contengono gli hard disk di milioni di utenti.

La prima preoccupazione che ti viene probabilmente è qualcosa del tipo: “Accidenti, ma allora sanno chi sono!” D’altronde non potevi ingenuamente pensare che un IP dinamico e un nickname avrebbero garantito la tua privacy.

Quelli di Big Champagne assicurano che tutti i dati identificativi dell’utente non vengono conservati e quindi men che meno venduti a terzi e che l’esame degli hard disk si limita alla sola cartella che contiene i file in condivisione.

Ma ciò che è davvero “rassicurante” è che le major discografiche continuano ostinatamente ad avere più interesse a promuovere azioni legali o ricerche finalizzate alla realizzazione di sistemi antipirateria che a comprare le consulenze di Garland e soci. Pare anzi che siano più spesso i singoli artisti (soprattutto quelli ancora senza contratto) a interessarsi alla cosa.
Aimée Mann è stata una di questi, con ottimi risultati. All’epoca c’era Napster e si utilizzava il sistema di instant messaging per informare l’utente che in quel momento stava scaricando il file dell’artista, dell’esistenza di un sito dedicato o della imminente pubblicazione di un nuovo album.

La seconda preoccupazione che ti viene a questo punto è: “Accidenti, faranno spamming!”. È probabile, ma vale quanto detto sopra circa la lungimiranza degli addetti ai lavori.

Ti dovrai difendere dalle solite cose: cd protetti, server intasati da file corrotti, Copyright Agent e Media Cracker, nonché dal famigerato Grid (Global Release Identifier), un codice simile allo Universal Product Code (UPC) che permetterà di tenere traccia dei brani scaricati a pagamento o trasmessi in streaming.

Pensi che essere un pirata è bello, ma che poter essere utile facendo sbirciare chi di dovere nel tuo hard disk ti farebbe sentire meglio, sarebbe come rendere in parte il mal tolto, come collaborare alla pari.

“You can run but you can’t hide” è una strofa dell’ultimo brano che hai scaricato. È “Downpresser Man” di Peter Tosh. Ed è proprio quello il titolo che, storpiato, è diventato “Big Champagne”…

Chiara Ferrari

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Pubblicato il
14 feb 2003
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