No ai cellulari negli ospedali

No ai cellulari negli ospedali

Uno studio Mayo Clinic conferma alcuni rapporti precedenti e la politica adottata anche in Italia da numerose strutture sanitarie. Il telefonino acceso in ospedale può creare complicazioni a macchine sofisticate
Uno studio Mayo Clinic conferma alcuni rapporti precedenti e la politica adottata anche in Italia da numerose strutture sanitarie. Il telefonino acceso in ospedale può creare complicazioni a macchine sofisticate


Roma – Sono molte le strutture sanitarie, anche in Italia, che impongono lo spegnimento dei cellulari all’interno degli edifici di ricovero e cura ma sono di più quelle che non hanno alcuna policy al riguardo. Ora dagli Stati Uniti arriva uno studio della Mayo Clinic che conferma alcuni rischi sull’uso del cellulare in ospedali e cliniche.

Il risultato dello studio sembra indicare che vi siano dei rischi, sebbene ridotti, di interferenza casuale del cellulare con le apparecchiature utilizzate in molte occasioni nelle strutture sanitarie. Sistemi delicati e sofisticati che, seppure in rari casi, potrebbero essere disturbati dal cellulare. Lo studio consiglia comunque di evitare l’uso dei cellulari all’interno delle stanze dei degenti.

In una nota, i ricercatori hanno spiegato di aver sperimentato l’impatto di 4 cellulari digitali e 2 analogici su un “parco macchine” di 17 strumenti scelti tra quelli più comuni negli ospedali. Sette di queste macchine hanno dimostrato di subire una volta su due le interferenze da cellulare e in un caso, quello di una macchina di supporto alla ventilazione, si è arrivati allo spegnimento del device quando il cellulare è stato avvicinato fino a circa un centimetro di distanza. Poco dopo lo stesso device, con il cellulare ancora così vicino, ha ripreso a funzionare…

Secondo i ricercatori, comunque, solo nel 7 per cento dei casi si è arrivati a disturbi apprezzabili degli strumenti di monitoraggio e normalmente l’interferenza si è mantenuta sotto livelli significativi se il telefonino veniva mantenuto ad una distanza di qualche metro. Questo, però, dovrebbe comunque spingere ospedali e centri di cura a prestare la massima attenzione al problema e a varare specifiche policy di protezione e sicurezza.

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Pubblicato il
17 gen 2001
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