NoLogo/ Te lo raccomando io

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di M. De Baggis - Ha senso un sistema popolato di favori, conoscenze, intimità tra venditore, fornitore e consumatore, utente? Sì, se significa fidarsi di più l'uno dell'altro. No, se è solo un altro modo di saltare la fila
di M. De Baggis - Ha senso un sistema popolato di favori, conoscenze, intimità tra venditore, fornitore e consumatore, utente? Sì, se significa fidarsi di più l'uno dell'altro. No, se è solo un altro modo di saltare la fila

Sono cresciuta immersa in una cultura in cui nessuno fa niente, neanche prenotare un ristorante, senza andare “a nome di” qualcun altro. Anche per questo detesto quelle persone che approfittano dei rapporti di amicizia, non sopporto chi pensa che sia normale essere trattati bene se sei “amica di” e male se non ti (racco)manda nessuno.

Poi è arrivato Internet con i social network e mi ha mostrato l’altra faccia delle “raccomandazioni”, quella laica, di matrice anglosassone: con grande stupore ho dovuto accettare che prima di diventare una distorsione, come per noi popoli mediterranei, il sistema dei consigli degli amici presenta lati virtuosi e di utilità collettiva.

Adesso siamo a un’ulteriore svolta: le aziende che decidono di rinunciare al palcoscenico per scendere in piazza con i propri clienti optano di fatto per una relazione personale e diretta con ciascuno di loro. E quando un cliente con cui chiacchieri, scherzi, giochi e magari prendi l’aperitivo ha bisogno di aiuto per un problema tecnico, contrattuale, di servizio tu azienda cosa fai? Lo tratti come tutti gli altri? Lo abbandoni al suo destino? Puoi davvero dire “questo non è di mia competenza”? O devi proprio dirlo?

Ha senso privilegiare il cliente con cui si è stabilito un rapporto personale, se sei una compagnia telefonica o un produttore di computer, un albergo o una linea aerea? Ha senso assecondare la pretesa di essere trattati diversamente solo perché si chiacchiera regolarmente su una pagina Facebook o perché ci si sente un opinion leader? E soprattutto, è un passo avanti o un passo indietro?

Io non credo che la creazione di ulteriori gruppi di clienti privilegiati sia la soluzione al dissidio che si crea quando il bisogno di assistenza fa leva su una relazione creata a scopi di marketing. Le relazioni nate online dovrebbero, in teoria, creare un contesto di conoscenza ed esperienza in cui tutti possano avvantaggiarsi di un customer care migliore senza dover accampare amicizie online o numero di commenti su un blog.

La direzione è l’auto-aiuto supportato da interfacce intelligenti e usabili e dall’intelligenza delle folle, non il “mi manda qualcuno 2.0”. La prima funzione aziendale a optare per la collaborazione con i clienti tramite i social media dovrebbe essere il customer care, o meglio: se vuoi collaborare con i tuoi clienti devi prima essere riuscito a farlo al tuo interno.

Mafe de Baggis
Yours Truly

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Pubblicato il
23 lug 2010
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