Il social networking americano è diventato il regno incontrastato di teenager, ragazzi e giovani adulti che lo usano e ne abusano per mettere in rete tutto quello che gli passa per la testa, dalle foto goliardiche delle feste a quelle dello stato post-sbornia. Tutto bene, finché lo usano i rappresentanti della categoria degli studenti . Se però a metterci le mani sono trentenni o quarantenni che svolgono la professione di insegnante o educatore, la vetrina telematica potrebbe divenire una pericolosa arma a doppio taglio . È un’organizzazione USA ad avvertire gli adulti del del rischio e a scoraggiarli dal postare contenuti online accessibili a tutti.
Ohio Education Association ha infatti inviato un memo ai professori dello stato americano che mette in guardia sui rischi connessi alle vetrine troppo loquaci presenti su MySpace e Facebook. “Mentre questo consiglio può suonare eccessivo, i pericoli connessi alla partecipazione a questi due siti superano i benefici”, recita il messaggio dell’associazione educativa. “A causa degli alti standard richiesti dai dipendenti delle scuole e dei rischi di perdere il lavoro o di vedersi sfumare la carriera, l’OEA raccomanda di evitare la pubblicazione di qualsiasi cosa si possa considerare inopportuno” continua il memo.
Niente descrizione delle posizioni sessuali preferite – suggerisce ars technica – degli oggetti usati per le proprie pratiche onanistiche e via di questo passo. Che le informazioni personali disseminate online vengano adoperate in misura crescente dai datori di lavoro per decidere delle assunzioni, lo ha messo in chiara luce una ricerca risalente allo scorso marzo. I rischi che corrono professori e professionisti dell’educazione “scovati” online da studenti e genitori potrebbero essere addirittura più temibili.
Secondo James Miller, direttore dell’ Office of Professional Conduct per la OEA, gli educatori che immettono in rete troppe informazioni personali possono incorrere in azioni disciplinari o persino nella perdita della licenza di insegnamento . Senza parlare poi del polverone che si solleverebbe, nel caso in cui uno studente burlone decidesse di realizzare un profilo falso come presa in giro di quello reale.
Un fatto già accaduto in passato, come nel caso di Anna Draker, vittima di un fake che ne esponeva le presunte preferenze sessuali e condiva il tutto con commenti non particolarmente edificanti. O come il caso del preside Eric Trosch, definito un drogato pervertito molestatore di bambini in un profilo di MySpace realizzato ad arte. I due casi sono finiti in tribunale, ma molti li hanno considerati alla stregua di semplici “burle” da parte di studenti troppo vispi. È insomma sempre valido il preconcetto secondo cui la rispettabilità è un valore sociale assoluto per un adulto , soprattutto nel caso in cui abbia il ruolo chiave di figura di riferimento, ma relativo per un ragazzo ancora in formazione.
E i due mondi vanno tenuti ben distinti anche in rete : “Il fatto che uno studente possa provare a contattare un membro di OEA che ha un profilo su questi siti – dice ancora il memo dell’organizzazione – potrebbe essere interpretato come una relazione inopportuna”.
Il caso fa discutere anche i professori, diretti destinatari dell’avvertimento, che non vedono con particolare simpatia la proposta : “Sono d’accordo sul fatto che alla mia età avere un profilo su MySpace sia piuttosto patetico – scrive DisasterPiece73 su Digg – ma in mia difesa posso dire che quando mi sono registrato il servizio era ancora in beta e che difficilmente ci si trovavano sopra stupidi ragazzini. Solo stupidi adulti come me, presumo. Raramente lo controllo ora, ma mi ha aiutato a tornare in contatto con vecchi amici che avevo perso nel corso degli anni”.
Rincara la dose l’utente KillaClash , supplente che denuncia di aver ricevuto segnalazioni di “qualcosa di possibilmente sbagliato” presente sul suo profilo da parte di alcuni studenti, nonostante egli fosse stato molto attento a non personalizzarlo con materiale che avesse potuto metterlo in cattiva luce. Dopo l'”incidente”, il professore ha deciso di rendere privata la propria pagina personale .
Ma i pericoli della condivisione di informazioni personali sul web non derivano soltanto dalle possibili reazioni per la scoperta della sessualità di un professore o le parolacce di un insegnante di sostegno: ancora Facebook fa notizia per la diffusione di informazioni riservate , disponibili appunto in un profilo privato, ai datori di lavoro di un appassionato di armi.
Il boss di un utente di AR-15 Forums , gruppo di discussione per amatori delle armi da fuoco, si è limitato a chiedere ai gestori di Facebook di poter avere accesso al profilo riservato dell’impiegato , cosa che è stata concessa in apparente dispregio della politica di privacy del portale. Sul profilo erano presenti immagini dell’uomo con in braccio le sue armi, tutte legalmente possedute, ma che destavano comunque preoccupazione in azienda.
Una faccenda spinosa, che solleva ancora una volta questioni sulla reale consistenza della privacy sui circuiti di social networking e sulla possibile diffusione della pratica di ficcanasare tra i profili privati da parte dei datori di lavoro, aiutati in questo caso da una disponibilità forse sin troppo prona e diligente di Facebook.
Alfonso Maruccia