Papà, comprami il satellite, dai!

Papà, comprami il satellite, dai!

di Paolo De Andreis. Quand'ero piccolo al papà gli chiedevo di comprarmi la nuova macchinina o lo zucchero filato al Luna Park. Se fossi piccolo oggi gli chiederei, probabilmente, di comprarmi un telefonino. Ma mi rifilerebbe un GPS
di Paolo De Andreis. Quand'ero piccolo al papà gli chiedevo di comprarmi la nuova macchinina o lo zucchero filato al Luna Park. Se fossi piccolo oggi gli chiederei, probabilmente, di comprarmi un telefonino. Ma mi rifilerebbe un GPS


Roma – “Me lo compri papà?” è il ritornello di una vecchia canzone di Gianni Morandi che ascoltavo quand’ero piccolo e che utilizzavo poi come scusa per rompere le scatole a mio padre. La scusa era ottima, perché nel pezzo la risposta del papà era sempre “sì”. Un sogno, quello di tutti i ragazzini che fanno gli occhi dolci per essere viziati.

Quand’ero piccolo al papà gli chiedevo di comprarmi la nuova macchinina luccicante o il palloncino delle fiere di paese o lo zucchero filato al Luna Park. Se fossi piccolo oggi gli chiederei, probabilmente, di comprarmi un telefonino, perché ce l’hanno tutti i compagni di scuola e perché non averlo significa non solo non poter mandare messaggini alla ragazzetta del cuore ma soprattutto non poterlo esibire sul banco di scuola tra il buco per il calamaio e il diario di Schumi ricolmo di adesivi.

E, chissà, la risposta di mio papà magari sarebbe “sì”, come nel pezzo di Gianni Morandi o più probabilmente “no” perché, sperando che a Morandi non dispiaccia, penserebbe che il telefonino ad un ragazzino non fa bene, né alla salute né alla crescita psicologica. Un dilemma che assale di questi tempi, dicono le statistiche ufficiali Istat, la metà delle famiglie italiane, preda di una telefoninite senza precedenti.

Eppure adesso c’è qualcuno che vuole andare oltre, che vuole sostituirsi al me bambino per indurre il mio papà a dire un sì di troppo. Sono quelli che stanno lavorando ad un progetto che doterà i bambini delle famiglie più ansiose di una sorta di “cellulare ridotto”, un fornelletto radiattivo che il frugoletto tra i 3 e gli 11 anni dovrà tenere sempre vicino al proprio corpo, perché così grazie al GPS incorporato farà sapere sempre dove si trova ad un centro di monitoraggio. Il bambino in qualsiasi momento potrà avvertire che c’è un’emergenza o semplicemente dialogare con il centro di assistenza. Questo potrà sempre ascoltare quello che fa il bambino grazie alla modalità “listen in”. Si chiama proprio così, e più invasiva di così non poteva essere.

E le mamme circondate dalla cronaca nera che ogni giorno si materializza sui giornali e sui video di casa non potranno non essere stuzzicate dall’idea di un device capace di sapere sempre dove si trova l’amato pargolo. E quel “sì” i babbi finiranno per pronunciarlo, anche se indotto, per una volta, non dagli occhioni languidi della propria creatura ma da quelli sadicamente lucidi della pubblicità.

Chi potrà resistere?

Paolo De Andreis

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Pubblicato il
2 dic 2000
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