Pedoporno, chiesti 10 mln a Yahoo!

Pedoporno, chiesti 10 mln a Yahoo!

Gli avvocati di un ragazzo americano accusano il portale di essere stato a conoscenza degli abusi compiuti su uno dei gruppi online attivi sui propri server
Gli avvocati di un ragazzo americano accusano il portale di essere stato a conoscenza degli abusi compiuti su uno dei gruppi online attivi sui propri server


Palo Alto (USA) – Situazione complessa quella in cui rischia di trovarsi Yahoo! : il portalone americano è infatti al centro di una denuncia avanzata dai familiari di un giovane le cui foto sono state scambiate in un gruppo online da tempo chiuso perché diffondeva immagini a contenuto pedopornografico.

Stando alla denuncia presentata in un tribunale del Texas, Yahoo! non avrebbe rispettato la legge e, pur sapendo della natura di quel gruppo, noto come “Candyman”, non lo avrebbe chiuso prima che le immagini del ragazzo venissero diffuse. Proprio “Candyman” è, non a caso, il nome di una grossa operazione contro la pornografia infantile che nel 2001 ha portato all’arresto negli USA di un centinaio di persone.

Il gruppo online, che girava come migliaia di altri sui server di Yahoo!, è stato chiuso dall’azienda americana nel febbraio del 2001, dopo aver operato per circa due mesi. Il gestore del gruppo ha peraltro ammesso in tribunale di averlo utilizzato per scambiare immagini pedoporno con gli altri partecipanti. A quanto pare, fotografie del minore sarebbero state scattate da un suo vicino e poi postate in quel gruppo.

Sebbene vi siano leggi stringenti sulla diffusione del pedoporno, Yahoo! secondo gli esperti difficilmente potrà essere incriminato visto che la normativa nota come “Communications Decency Act”, a cui si appella la famiglia, non prevede responsabilità per i fornitori di servizi.

L’unico modo per gli avvocati del minore di vincere questa battaglia legale ed ottenere i danni richiesti sarebbe dunque dimostrare che Yahoo! era effettivamente consapevole della natura illecita del gruppo e, ciò nonostante, non abbia agito. “Noi – ha affermato uno dei legali della famiglia – riteniamo che loro sapessero. Come minimo sono stati negligenti nel monitorare i propri siti”.

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Pubblicato il
16 mag 2005
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