Perché è centrale il caso Pugliese

Perché è centrale il caso Pugliese

di M. Mantellini. Sul crackdown all'italiana è necessario tornare, per capire come all'assoluzione del capo di Peaclink corrisponda una diffidente accettazione delle nuove tecnologie
di M. Mantellini. Sul crackdown all'italiana è necessario tornare, per capire come all'assoluzione del capo di Peaclink corrisponda una diffidente accettazione delle nuove tecnologie


Roma – Giovanni Pugliese è stato infine assolto. Sembra una notizia da poco ma per molti versi non lo è. Il segretario di Peacelink, organizzazione telematica pacifista, fu coinvolto nell’ormai lontano 1994 in una imponente campagna di perquisizioni antipirateria informatica disposte dalla magistratura di Pesaro che interessò gran parte del mondo delle banche dati (BBS). Il WWW quasi non esisteva, Internet era un giocattolo per universitari e le BBS erano a quei tempi l’unico strumento di avvicinamento della informatica al sociale.

Fu chiaro fin da allora che i computer dovevano essere trattati dalle forze dell’ordine con la accortezza che si riserva a quanto non si conosce. La Guardia di Finanza in quella occasione a casa di Pugliese, nel dubbio, sequestrò di tutto: da pericolosi tappetini per i mouse a kit elettronici della Scuola Radio Elettra, scambiati per pericolosi marchingeni da spionaggio.

L’organizzazione Peacelink fu ridotta al silenzio dall’ignoranza sulla tecnologia (perché sequestrare un PC quando è possibile ottenere le eventuali prove con una copia dei dati in esso contenuti?) e penalmente condannata nella persona del suo fondatore a 3 mesi di reclusione per avere “a fini di lucro detenuto a scopi commerciali programmi per elaboratore abusivamente duplicati”. (Pretura Taranto 26 febbraio 1996).

L’unico reato ascrivibile a Giovanni Pugliese fu quello di possedere una copia non registrata di Word 6 della Microsoft. Null’altro di irregolare fu trovato sul PC di Peacelink, nessuna traccia di efferati delitti fu possibile rintracciare sui tappetini per il mouse della Associazione pacifista, niente di penalmente rilevante fu riscontrato nelle prese elettriche (sequestrate anch’esse) prelevate nel domicilio del pirata informatico, a nulla servì mettere i sigilli alla stanza di casa Pugliese nella quale era posizionato il PC. Nonostante tutte queste enormità, puntualmente la condanna arrivò.

A trovare pretori determinati come quello di Taranto in occasione della prima sentenza contro Peacelink, mezza Italia dovrebbe avere oggi la fedina penale macchiata. Ma questa è un’altra storia.

Il 21 gennaio 2000, Giovanni Pugliese è stato assolto con formula piena: in questi anni la sua storia giudiziaria è corsa parallela alla diffidente accettazione della neutralità dei PC da parte di magistrati e forze dell’ordine. Una neutralità conquistata a fatica che rende “gli elaboratori” (come recita circospetta la nomenclatura legale) sempre più simili alla lavatrice di casa e sempre meno a macchine misteriose inventate per tramare alle spalle del potere costituito.

Di questo salto ideale, che speriamo ormai acquisito, ci rallegriamo anche se come spesso avviene anche nelle storie a lieto fine, Peacelink dovrà pagare le spese processuali di questi anni di battaglie legali. L’associazione ha aperto una sottoscrizione per potervi far fronte: chi volesse dare una mano lo può fare attraverso un versamento sul conto corrente n°13403746 intestato a Associazione Peacelink, via Galuppi 15, 74010 Statte (TA) specificando nella causale “Processo Pugliese”.

Massimo Mantellini

Il caso di Giovanni Pugliese è trattato nel libro Italian Crackdown di Carlo Gubitosa (Apogeo) disponibile anche online in versione integrale.

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
11 feb 2000
Link copiato negli appunti