Roma – Paolo Pietrosanti , “storico” esponente radicale e tra i fondatori del partito transnazionale, ha diffuso un comunicato relativo alle ultime censure in Cina realizzate peraltro con il coinvolgimento delle società occidentali che operano nel paese.
“La rete non si tocca – ha dichiarato – si è detto per anni e anni. Basta la netiquette, si è sbraitato. Cretinate, ovviamente: il vuoto in natura non esiste. Infatti, se non vi è una regola che sa affermarsi in ambiti e attività nuove, come accadde al tempo delle prime navigazioni commerciali in mare, vigono i diritti nazionali. In rete. Quindi il diritto Cinese. Bell’affare. E il cinese sbattuto in galera a chi si rivolge per resistere, o ricorrere? A un tribunale cinese. Ed ecco che Wikipedia in Cina è oscurata, che le email cinesi sono filtrate addirittura dai grandi operatori americani, che fanno, infami, la spia a Pechino, che sbatte in galera su spiata di azienda Usa”.
“L’occidente poi – continua Pietrosanti – non trova che contrapporre ad un modello americano “imperialista” quello prono di una Unione Europea che non esiste – con cui infatti Pechino gioca come il gatto con i topi. Invece, in rete si è persone, che girano. E se qualcuno ti infastidisce, mentre giri per strada, non vai a Palazzo Chigi, ma semmai da un poliziotto e poi da un giudice”. “Alla rete – prosegue – serve un giudice cui chi è vittima di violenza, di violazione della dichiarazione sui diritti della persona, chi è vittima di violazione di leggi può andare e ottenere giustizia, rivalersi”.
“Non servono carrozzoni intergovernativi – conclude Pietrosanti – ma una corte di giustizia, come la International Criminal Court. E’ ogni giorno più urgente: occorre la International Internet Court”.