Si chiama PirateBox ed è la risposta di David Darts alla recrudescenza del contrasto al file sharing. Il box, sostanzialmente un patchwork di router wireless, hard disk, batteria e Linux contenuti in un cestino da colazione con il Jolly Roger stampato sopra, promette una condivisione a prova di tracking di file e contenuti in formato digitale.
Per come viene descritto sulla wiki del professore dell’Università di New York, PirateBox è “un dispositivo autosufficiente per la collaborazione e il file sharing mobile”. “Basta accenderlo – continua la descrizione – per trasformare qualsiasi spazio in un network di file sharing aperto e gratuito”.
Il network WiFi “acceso” da PirateBox è opportunamente disconnesso da Internet, mentre il software di gestione integrato si limita a fornire una interfaccia web per avviare le operazioni di download e upload dei contenuti. Nessuna restrizione al tipo di file da condividere, nessun log di connessione , PirateBox rispetta la privacy degli utenti ed è “ispirato dai movimenti del free culture e delle radio pirata”.
Trattandosi di un progetto eminentemente “pirata” sin dal titolo – ispirato al nome del tracker BitTorrent più famoso, The Pirate Bay – PirateBox promuove il bricolage informatico e raccoglie tutte le istruzioni necessarie nell’ apposita wiki . Bastano 100 dollari di spesa e l’acquisto di componenti facilmente rintracciabili sul mercato per mettere assieme il proprio spazio pirata al riparo da autorità occhiute, investigatori dell’industria dei contenuti e profittatori del P2P.
Alfonso Maruccia