Polverone sulla sentenza del fotoritocco

Polverone sulla sentenza del fotoritocco

Il figlio aveva manipolato l'immagine di una compagna di classe ponendo il suo volto su una fotografia pornografica e lanciando il tutto online. Il padre è stato condannato perché non glielo ha impedito. Clamori negli USA
Il figlio aveva manipolato l'immagine di una compagna di classe ponendo il suo volto su una fotografia pornografica e lanciando il tutto online. Il padre è stato condannato perché non glielo ha impedito. Clamori negli USA


New York (USA) – Può un genitore finire nei guai per un montaggio fotografico digitale fatto dal figlio e pubblicato su un sito web? Pare proprio di sì, almeno negli Stati Uniti, dove un padre è stato condannato a risarcire una compagna di scuola del figlio.

Quest’ultimo aveva realizzato un fotomontaggio sovrapponendo il volto di una compagna di classe su una donna nuda in posa sessualmente esplicita tratta da un’immagine pornografica. Non contento, aveva pubblicato il tutto su un sito web e sotto l’immagine aveva indicato il nome della compagna affermando che aveva recitato “in un orrendo film pornografico che vende pochissimo”.

La madre della ragazza, che dovrebbe avere tra i 13 e i 16 anni, ha denunciato il padre per diffamazione, invasione della privacy e negligenza rispetto alla cura del figlio. Il tribunale ha scartato le prime due denunce ma ha accettato la terza, sostenendo che il padre aveva il dovere di impedire al figlio di fare quello che ha fatto.

Su questa sentenza, che costerà al padre migliaia di dollari di danni, si è naturalmente aperto un acceso dibattito. Da una parte chi sostiene che i genitori devono seguire passo passo quello che fanno i figli sulla Rete e dell’altro i molti, tra cui numerosi giuristi, secondo cui non solo non si può chiedere ad un genitore di avere il totale controllo sulle azioni compiute dal figlio online, ma anche non lo si può ritenere responsabile per azioni di questo tipo. Altri avvocati hanno sostenuto la sentenza, spiegando che i computer possono essere strumenti pericolosi e che quindi devono spingere i genitori alla “massima attenzione”.

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Pubblicato il
11 dic 2000
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