Roma – Una nuova “scomunica” per i software di filtraggio, quelli pensati per consentire ai genitori di schermare automaticamente le navigazioni dei figli, arriva dall’Australia, paese decisamente attivo nel dare filo da torcere a tutti i contenuti online che risultano indigesti ad una certa concezione della moralità pubblica.
ABA, la Australian Broadcasting Authority, insieme a NetAlert ha annunciato infatti i risultati di uno studio secondo il quale i filtri funzionano solo nel 78 per cento dei casi e dunque non possono considerarsi un “sostituto” di una guida parentale all’uso di internet.
Va detto che la ABA è la stessa autorità che ha imposto ai provider australiani di fornire ai propri clienti, su richiesta, software di filtraggio e schermature per i siti indicati dall’ABA stessa.
Stando ai risultati dello studio, funzionano “meglio” quei software che combinano più tecniche di filtraggio senza limitarsi ad un unico metodo di schermatura. I migliori, secondo ABA e NetAlert, sono quei programmi basati su liste di siti ai quali impedire l’accesso, liste che però spesso e volentieri contengono anche spazi web che non dovrebbero essere filtrati. Oltre a consentire, in un caso su quattro, l’accesso ad un sito pornografico…