Roma – Chi pensava che i software di instant messaging stessero proliferando nelle aziende perché consentono una nuova e più rapida modalità di comunicazione si sbagliava, almeno a sentire i numeri snocciolati da Blue Coat Systems.
L’azienda di rilevazione ha lavorato sul mercato britannico prendendo in considerazione le modalità di utilizzo degli sparamessaggini da parte dei lavoratori nelle imprese british. Sebbene il campione esaminato sia composto soltanto da 200 dipendenti, i risultati indicano che solo l’11 per cento dei messaggi che transitano sulle chat istantanee riguarda il lavoro.
Blue Coat che, è bene dirlo, vende software di controllo delle attività web dei dipendenti, sostiene che la maggiorparte del traffico è legato allo scambio di materiale pornografico o altri materiali privati che nulla hanno a che vedere con l’attività lavorativa per la quale l’instant messaging viene messo a disposizione. Il 33 per cento degli utenti aziendali avrebbe usato questi software per fare avance sessuali mentre la maggioranza vi farebbe spesso e volentieri circolare materiali “offensivi” o parolacce…
Se i dati sono veri, dunque, si giustificano le considerazioni degli esperti dell’azienda, secondo cui quanto sta accadendo è addirittura “una nuova forma di anarchia”. Slogan ad effetto, certo, che consentono però a Blue Coat di attaccare: “Il traffico degli Instant Messenger è rapidamente divenuto un pericolo per la sicurezza delle reti, eppure molti amministratori sembrano non curarsene. Proprio come l’adozione del telefono e poi dell’email nelle aziende, l’instant messaging può essere uno strumento importante per le comunicazioni veloci trai lavoratori, ma le imprese devono essere in grado di monitorare le attività e bloccare quelle inappropriate”.
Secondo Blue Coat la maggior parte di coloro che utilizzano l’instant messaging sul lavoro crede che le proprie “conversazioni” non siano monitorate…