Quanto valgono i social media?

Quanto valgono i social media?

Uno studio effettuato da IBM e dall'MIT mette in nuova luce le relazioni sociali via web, valutandole anche in termini economici. In un disegno più ampio che abbraccia i nuovi modi di fare comunicazione via web
Uno studio effettuato da IBM e dall'MIT mette in nuova luce le relazioni sociali via web, valutandole anche in termini economici. In un disegno più ampio che abbraccia i nuovi modi di fare comunicazione via web

Utilizzare le reti sociali per condividere conoscenza ed esperienze professionali può essere molto fruttuoso, anche dal punto di vista economico. È quanto emerge da uno studio condotto da un team di ricercatori di IBM e del MIT , secondo il quale i lavoratori più comunicativi con dirigenti e colleghi tenderebbero a guadagnare di più. La materia di cui gli esperti discutono, ovvero quella basata sui fitti ed intricati meccanismi della comunicazione via web, diviene sempre più interessante anche e soprattutto per molte aziende, soprattutto se orbita intorno al social networking: è così che anche per Google, i link del metamondo sociale assumono un nuovo valore.

Secondo lo studio , pubblicato dal colosso dell’IT in collaborazione con alcuni esperti del Massachusetts Institute of Technology , il valore di una fitta corrispondenza tra manager e dipendenti sarebbe quantificabile in una somma di denaro . Dalle rilevazioni fatte, prendendo come campione un pool di oltre 7mila dipendenti di IBM con le rispettive rubriche di contatti, siano essi indipendentemente raggiunti via mail o via social network, è stato possibile scoprire che chi è solito effettuare una massiccia comunicazione a livello aziendale riesce a produrre una somma pari a 588 dollari in più della media, stimata a 948 dollari. Tali risultati sarebbero stati ottenuti utilizzando una non meglio specificata formula matematica utile ad analizzare il traffico email di ogni singolo utente per il periodo di un anno. In seguito, i dati ottenuti sono stati comparati con le performance, stabilite in base alle ore fatturabili.

Il tutto, sembrerebbe, nella massima discrezione: pur potendo verificare il traffico di ogni singolo utente, non sarebbe stato possibile per i ricercatori risalire alle identità dei dipendenti, dal momento che i dati sensibili erano criptati. Al contrario, dai risultati è emerso che i dipendenti meno avvezzi a comunicare con i superiori hanno maturato profitti di quasi 100 dollari in meno rispetto alla media. Considerato che i dati vanno presi non in maniera assoluta, secondo chi ha effettuato lo studio una delle possibili motivazioni del minore rendimento potrebbe essere data da alcune situazioni definite come “l’avere troppi chef in cucina”: in particolare, molti dipendenti potrebbero trovarsi in situazioni in cui entità di uguale importanza assegnano loro responsabilità in conflitto tra di loro, andando così ad inficiare la produttività generale.

Sempre dallo studio è emerso un dato rilevante, che non può in alcun modo essere sottovalutato: ogni dipendente ha dischiuso le porte della propria rete personale di contatti, espansa a centinaia di persone differenti grazie a social media come LinkedIn, Facebook e Twitter. Quindi, si è passati a valutare se e quanta differenza possa fare una rete di contatti simile nella vita dell’utente, sia essa in ambito privato che professionale. Un valore che ha spinto grandi aziende ad aggiungere nel proprio staff numerose figure professionali come antropologi, psicologi e professionisti dei social media, votate a comprendere e valorizzare il complesso groviglio di relazioni 2.0.

La speranza delle parti in campo è che, studiando le nuove forme di comunicazione ed il loro impatto sull’ambiente lavorativo, si possa favorire un clima di coesione e di partecipazione tipico in servizi di reti sociali come Facebook o Twitter. Tale atteggiamento è in parte dovuto anche all’ormai evidente integrazione di questo tipo di servizi nella vita quotidiana di molti utenti: un fenomeno da non sottovalutare anche perché in continua evoluzione. Ed è proprio questa nuova consapevolezza che ha portato alcuni utenti a chiedere a Google se in qualche modo vi fosse stata una riconsiderazione dei link provenienti dai cosiddetti social media , divenuti in qualche modo – secondo chi ha formulato la domanda – più rilevanti negli ultimi sei mesi.

A rispondere, tramite un video pubblicato su YouTube è Matt Cutts, esperto nell’ottimizzazione dei problemi relativi al comparto search dell’azienda. Secondo Cutts ci sarebbe stato di recente un incontro tra i dirigenti dell’azienda in cui sarebbero stati discussi alcuni cambio alle modalità di assegnazione della rilevanza ad alcuni link. Nulla di programmato in materia di social media: l’opinione di Google è che queste piccole modifiche avrebbero influito sull’indicizzazione dei link provenienti dai social media, pur non essendo l’obbiettivo principale dei lavori. Un effetto secondario, probabilmente non voluto a tutti i costi ma che rimane ben accetto.

Vincenzo Gentile

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Pubblicato il
9 apr 2009
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