Quel poker online era una truffa

Quel poker online era una truffa

Per anni ha truccato le partite online della ditta, per anni ha raccolto milioni di dollari in spregio delle leggi. Uno scandalo emerso grazie agli stessi giocatori truffati
Per anni ha truccato le partite online della ditta, per anni ha raccolto milioni di dollari in spregio delle leggi. Uno scandalo emerso grazie agli stessi giocatori truffati

Russ Hamilton è un ex-campione di poker, vincitore nel 1994 della competizione World Series of Poker e soprattutto di 1 milione di dollari e del suo peso in argento. Come nel più classico caso di dipendenza dal gioco, però, ad Hamilton quegli spiccioli non sono bastati e ha voluto di più, molto di più, facilitato in questo suo desiderio dal boom dei video-poker telematici negli anni recenti, una zona grigia in cui tutti giocano anche se magari l’attività è considerata illegale nel paese di residenza .

Con l’aiuto di cinque “cospiratori” ancora ignoti, Hamilton ha utilizzato svariati account sui siti Absolute Poker e Ultimate Bet , entrambi riconducibili alla stessa società, barando al gioco e vincendo dagli ignari partecipanti alle partite più di 20 milioni di dollari . Dopoché lo scandalo è scoppiato , si sono approfondite le tecniche truffaldine utilizzate. Il trucco? Il “campione” era un ex-dipendente della suddetta società, e aveva messo insieme la sua abilità al gioco con qualche giochino informatico per conoscere in tempo reale tutte le carte in mano ai giocatori.

La storia è un intreccio complesso che si snoda tra riserve delle comunità di nativi americani, immunità off-shore e drogati di poker che giocano, perdono migliaia di dollari e diventano investigatori che, con un po’ di fortuna, riescono a venire a capo del “mistero” del baro invincibile. A raccontarla è il Washington Post in collaborazione con 60 Minutes , in un reportage che non lesina su background, particolari scottanti e storie di professionisti che hanno dato via tutto per concentrarsi solo sullo schermo del computer e su una carriera da giocatori online .

Una carriera che, anche se condivisa da alcuni utenti statunitensi, in teoria non sarebbe potuta nemmeno iniziare visto che negli States il “gambling” online è illegale. A parte la legge, a ogni modo, l’ex-esperto informatico Todd Witteles è stato tra i primi frequentatori assidui di Absolute Poker ad accorgersi che qualcosa non andava : un giocatore, noto sul portale come “Grey Cat”, si comportava come un novizio e perdeva come un novizio, ma secondo Witteles lo faceva deliberatamente e con l’obiettivo di “demolire il gioco giorno per giorno”.

Contemporaneamente, su Ultimate Bet, altri giocatori si erano accorti di una serie di vittorie praticamente infinita e statisticamente impossibile. David Paredes, graduato di Harvard che grazie al poker online ha pagato il mutuo della scuola di legge e mantiene il suo costoso appartamento a New York, ha finito per essere debitore di “qualcosa come 70mila dollari” nei confronti di un certo “Nio Nio”. E agli altri stava andando anche peggio: Nio Nio aveva collezionato somme tra i 70mila e 250mila dollari sulle carte di credito (o meglio di debito) degli sfortunati e ignari giocatori.

Serge Ravitch, un altro ex-legale trasformatosi in giocatore professionista di bische online, ha cominciato a tracciare le vecchie partite con un software chiamato Poker Tracker , scoprendo che in sostanza questo Nio Nio non sbagliava un colpo, come se sapesse sempre quali carte fossero in mano ai partecipanti al gioco .

A quel punto la notizia si è diffusa, e non potendo rivolgersi alle autorità, i giocatori si sono inventati detective riuscendo in un caso a farsi inviare da Absolute Poker, in maniera apparentemente “fortuita”, un foglio di calcolo in formato Excel con 65mila righe contenenti le mani giocate contro un sospetto baro, tale “Potripper”. Michael Josem, un altro frequentatore di Absolute Poker, ha ricavato da quel file un’analisi statistica che confermava, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’infallibilità di Potripper e del giocatore che si nascondeva dietro questo nickname.

Procedendo con le indagini, i giocatori-detective hanno infine scovato la location in cui è registrata la società di Absolute Poker, in Costa Rica e ben al sicuro dalle leggi USA, e il luogo dove sono attualmente ospitati i server da cui vengono gestiti i giochi d’azzardo online, una riserva poco fuori la città canadese di Montreal. Il gioco online è illegale in Canada, ma il particolare status giuridico della riserva Mohawk Kahnawake ha fatto sì che nel posto convergessero una fetta maggioritaria degli attori del gambling telematico , il 60% dei servizi di tutto il mondo secondo i reporter di 60 Minutes.

Quel che è peggio è che Hamilton, ex-dipendente di Absolute Poker, è stato protetto dietro l’anonimato per aver deciso di collaborare con la società spifferando il modo in cui ha agito online per questi quattro, lunghi anni. Il nome del famigerato baro è stato scovato solo interpellando direttamente Frank Catania, ex-direttore della Gaming Enforcement Division del New Jersey, chiamato dalle autorità della tribù come consulente sullo scandalo evidenziato dai giocatori-detective.

Il risultato pratico di tutto ciò è stata l’ammissione della truffa da parte di Absolute Poker e la decisione di restituire il maltolto ai giocatori. E Hamilton? L’ha fatta franca , nessuno ha sporto denuncia nei suoi confronti e i giochi possono continuare come e più di prima. “Sono sicuro che sarà tutto come prima” dice Witteles, “su molti più portali di Absolute Poker e Ultimate Bet. Magari sta continuando altrove, o anche su questi stessi siti”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
2 dic 2008
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