Radiohead: major, ciucciateci il calzino

Radiohead: major, ciucciateci il calzino

La celebre band di Oxford sferra un calcio alle major: il loro prossimo album è già disponibile online. Nessuna concessione ad iTunes e massima apertura alla rete: il prezzo da pagare per averlo lo decidono i fan. Il caso
La celebre band di Oxford sferra un calcio alle major: il loro prossimo album è già disponibile online. Nessuna concessione ad iTunes e massima apertura alla rete: il prezzo da pagare per averlo lo decidono i fan. Il caso

Roma – Uscirà ufficialmente il 10 ottobre il nuovo album dei Radiohead , intitolato In Rainbows , ma su Internet è già disponibile per la prevendita . L’anticonformista gruppo britannico, che viaggia senza contratto sin dalla pubblicazione del disco precedente, ha deciso di scavalcare la tradizionale catena di distribuzione e di mettere in vendita direttamente online il proprio lavoro .

Sono due i formati scelti da Yorke, Greenwood e compagni per la loro settima fatica. Il primo, destinato ai fan più affezionati, è un discbox contenente 18 nuove tracce sia su CD che su due vinili da 12″ vecchio stile, oltre a foto, video e artwork vari. Il secondo è il download: non si conoscono ancora tutti i dettagli , visto anche il sonoro e deciso NO rifilato ad Apple e al suo iTunes Store, ma è soprattutto il prezzo a lasciare a bocca aperta .

Radiohead In Rainbows e-shop Nel carrello dell’ e-shop realizzato per l’occasione, la voce relativa appare vuota, seguita da un punto interrogativo che rimanda ad un’altra pagina: “it’s up to you” si legge, spetta a chi acquista decidere il prezzo . E per chi restasse perplesso, un nuovo punto interrogativo rimanda ad una terza pagina che ribadisce il concetto: “no really, it’s up to you” (“no, guarda, tocca proprio a te”). In Rainbows è insomma in vendita a offerta libera : può bastare anche solo qualche centesimo per portarsi a casa i dieci nuovi brani originali. Non solo: se non si paga nulla e se l’album piace si può sempre tornare sul sito e lasciarci qualche soldo.

Al download potranno accedere anche gli acquirenti del discbox – disponibile solo a partire da dicembre – e il cui prezzo invece resta fissato a 40 sterline (circa 57 euro, spese di spedizione comprese). Anche in questo caso, tuttavia, il meccanismo di distribuzione sarà molto originale : invece di rivolgersi agli usuali canali commerciali, sarà l’abituale concessionaria del merchandising della band a gestire la vendita e la consegna.

La scelta dei Radiohead suona come una sveglia alle grandi sorelle della musica. Non si tratta in assoluto di una novità , visto che già da tempo Magnatune e Jamendo battono questa pista: ma si tratta del primo caso in cui una band di primissimo piano, ritenuta anzi un punto di riferimento da molti giovani e dagli stessi musicisti, si spinge verso un certo tipo di modello distributivo. Se questo modello avrà successo si può già ora star sicuri che la mossa dei Radiohead sarà seguita a breve giro di disco anche da altre band e nomi di richiamo.

la band Come ricorda Bob Lefsetz sulle pagine del suo blog , in passato c’erano stati altri artisti del calibro di Bruce Springsteen o dei Pearl Jam che avevano scelto di lavorare senza un contratto discografico: ma tutti, senza eccezione, avevano poi stretto un accordo con le major per la distribuzione della propria musica. Tutti, ad eccezione dei Radiohead: “Non è che vivano in un altro mondo – dice Bob – ma è che giocano con regole diverse”.

Questa mossa, spiega , dimostra che è possibile agire al di fuori della prassi consolidata : “Ai Radiohead non interessa se la musica è gratis. Perché non credono lo sarà”. I fan saranno probabilmente sempre disposti a pagare per quanto ascoltano, e coloro i quali invece si sarebbero rivolti ad un circuito P2P per ottenere la musica gratuitamente, sborseranno invece una piccola cifra simbolica per averla. Meglio di niente .

Le major hanno di che preoccuparsi? Probabilmente sì, visto anche quello che si legge sulle pagine di Time : “Se il miglior gruppo in circolazione non ci vuole tra i piedi – dice un anonimo dirigente di una grande etichetta europea – allora non sono sicuro che ci sia rimasto molto di questo business”. E aggiunge un produttore statunitense, anche lui senza nome: “Se puoi pagare quanto ti pare per la musica della migliore band del mondo, perché dovresti pagare 10 euro o 99 cent per quella di qualcuno meno dotato?”. E quei 99 cent sono un prurito girato ad Apple.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 2 ott 2007
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