Random022/L'accesso di chi?

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Da una parte emerge che la New Economy produce molti più posti di lavoro di quanti ne sottrae alla Old Economy; dall'altra il gap tecnologico tra have e have-nots cambia e se si riduce lo fa seguendo percorsi che devono far riflettere
Da una parte emerge che la New Economy produce molti più posti di lavoro di quanti ne sottrae alla Old Economy; dall'altra il gap tecnologico tra have e have-nots cambia e se si riduce lo fa seguendo percorsi che devono far riflettere


Web – A proposito degli scenari futuri che ci sta prospettando la cosiddetta “nuova economia” si sono sviluppate, semplificando per brevità, due scuole di pensiero: una che esalta le possibilità fornite dalle tecnologie dell’informazione per migliorare la vita ed un altra che sottolinea i problemi che ci aspettano.

Il noto studioso statunitense Jeremy Rifkin, ha proposto sull’argomento “quale futuro?” un punto di vista decisamente interessante anche se non nuovissimo: nel suo ultimo libro “L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy” sottolinea, tra le altre cose, il rischio reale che gli effetti dello sviluppo di un mercato globale, basato principalmente sulla net-economy, provochino un aumento del divario sociale già esistente tra chi avrà la possibilità di accedere ai benefici che ne derivano e chi ne resterà ancora una volta escluso.

Alla fine dello scorso mese di agosto sono stati resi disponibili in Rete i risultati di due ricerche che, seppure molto diverse fra loro, possono essere utili a chi volesse approfondire questi argomenti.

La prima, condotta dalla “Spectrum Strategy Consultants” per conto della Andersen Consulting”, riguarda l’impatto sul mercato del lavoro che le tecnologie collegate ad Internet avranno nei prossimi anni.

Secondo gli esperti statunitensi entro il 2002 verranno creati dalla new economy più di 10 milioni di posti di lavoro dei quali 5,8 milioni negli Usa e 3 milioni in Francia, Germania, Spagna, Irlanda, Italia, Regno Unito e Brasile (dove investono europei e statunitensi), i restanti 1,2 milioni saranno posti di lavoro di tipo più “tradizionale” ma comunque offerti da imprese collegate a quelle che operano su Internet.

Viene anche previsto che la distanza, per quanto riguarda il numero degli occupati nel settore, fra Usa ed Europa è destinata a ridursi, in quanto gli Usa passeranno da 2,1 milioni (1998) a 5,8 (2002) mentre l’Europa passerà dai 517 mila (1998) ai 3 milioni (2002). Anche dal punto di vista economico il gap diventerà meno profondo: nel 1999 la net-economy ha prodotto entrate per 507 miliardi di dollari negli Usa e per 132 in Europa, mentre per il 2002 le cifre previste sono rispettivamente, di 597 e 1230 miliardi.

Una delle conclusioni alla quale arrivano gli esperti è che Internet crea molti più posti di lavoro di quanti ne faccia perdere alla “old economy” anche se resta il problema della formazione di una forza lavoro in grado di integrarsi in questa nuova realtà economica.

La seconda ricerca è stata condotta dalla “Media Metrix” ed ha studiato il rapporto fra reddito familiare ed utilizzo del web degli utenti di Internet residenti negli Usa.

Già dal titolo, “THE DOLLAR DIVIDE: Demographic Segmentation and Web Usage Patterns by Household Income”, si capisce in che direzione vanno i risultati si sono ottenuti analizzando il comportamento di un campione di 55 mila persone.

Il primo dato che viene fuori è che sebbene il numero degli utenti a basso reddito, cioè quelli con un reddito familiare minore di 25 mila dollari annui, aumenti in maniera considerevole, rappresenta sempre meno del 10% del numero totale degli utilizzatori di Internet, mentre il gruppo maggiormente rappresentato è ancora quello di coloro che hanno un reddito familiare medio-alto, vale a dire fra i 40 ed i 60 mila dollari annui.

Un secondo dato riguarda le differenze, che i ricercatori ritengono significative, nell’utilizzo del web da parte di famiglie appartenenti a fasce di reddito diverse: le persone che hanno un reddito basso passano più tempo on-line (mediamente 13 ore al mese) di quelle con redditi maggiori (9 ore) e consultano più pagine web diverse. Sembra anche che ci siano delle differenze sulle categorie di informazioni preferite: i primi preferirebbero i siti che presentano offerte di lavoro e la possibilità di partecipare ad aste mentre i secondi visitano più spesso le pagine dedicate agli hobby, allo sport ed ai viaggi.

Entrambe le ricerche che forse potrebbero essere criticate da diversi punti di vista presentano comunque dei dati sui quali varrebbe la pena di riflettere anche in Italia.

Giuseppe

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Pubblicato il
15 set 2000
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