Random029/ Immagini proibite a scuola

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Filtri software per la tutela dei minori nelle scuole e le biblioteche che vogliano ricevere sovvenzioni statali in USA. Così ha deciso il Congresso degli Stati Uniti. Un software per rispettare la legge senza risolvere i problemi
Filtri software per la tutela dei minori nelle scuole e le biblioteche che vogliano ricevere sovvenzioni statali in USA. Così ha deciso il Congresso degli Stati Uniti. Un software per rispettare la legge senza risolvere i problemi


Web – Il 15 dicembre scorso il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il cosiddetto Children’s Internet Protection Act (CIPA) , un provvedimento legislativo che impone – alle scuole e alle librerie che vogliono ricevere sovvenzioni dallo Stato – l’installazione di filtri software sui computer collegati ad Internet a disposizione dei minori di 17 anni. La legge entrerà in vigore fra due mesi.

Fin dalle prime righe di quel testo si capisce che la legge non ha avuto una vita facile e, nel tentativo di evitare che faccia la fine ingloriosa del famigerato “Communication Decency Act” (cancellato dalla Corte Costituzionale), il testo inizia con due importanti avvertenze: per prima cosa si dice che il testo del CIPA non potrà essere usato per bloccare dei contenuti diversi da quelli previsti e in secondo luogo viene precisato che la legge non dovrà in alcun modo violare la privacy di alcun cittadino, adulto o bambino che sia.

In pratica il CIPA prevede il blocco di materiale “visivo” che sia osceno, che contenga pornografia infantile (secondo le definizioni della legge USA) e che sia “dannoso” per i minori. Ben sapendo che sarebbe stato questo ultimo punto quello destinato a sollevare le critiche più dure, ed anche quelle più giustificate, nel testo si definisce “dannoso per i minori” qualsiasi materiale “visivo” che, preso nel suo complesso, e in riferimento ai minori, faccia appello ad interessi lascivi riguardanti nudità, sesso o escrezioni; che dipinga, descriva o rappresenti, in modo palesemente offensivo per i minori un atto o un contatto sessuale, vero o simulato, normale o pervertito, una esibizione indecente di organi genitali e che,
presa nel suo complesso, manchi per i minori di qualsiasi valore letterario, artistico, politico o scientifico.

Come appare chiaro, da una parte il legislatore ha cercato in tutti i modi di evitare di cascare nella trappola della censura “cieca” e si è richiamato, anche nella definizione di “atto o contatto sessuale”, alla legislazione vigente negli Usa. D’altra parte si presenta, anche in questo caso, sempre lo stesso tipo di problema: visto che non è possibile adibire un essere umano a filtrare i contenuti per ogni minore, si è preferito dar tutto in mano ai tanto criticati e criticabili software di filtro, per altro già esistenti. E un software che ha il compito di far rispettare una legge è una cosa che provoca solo dei brividi.

In concreto, il provvedimento prevede che a determinare il materiale da censurare siano, a livello locale i consigli scolastici, i provveditorati, le biblioteche e le altre autorità responsabili senza l’intervento di qualsiasi organismo federale. E il fatto che la quasi totalità delle biblioteche, pubbliche o private, godano di finanziamenti pubblici fa sì che il CIPA diventi un obbligo per tutti.

Oltretutto è previsto che la disabilitazione dei filtri software, affidata solo agli amministratori del sistema, possa essere fatta unicamente per gli utenti adulti e per scopi di ricerca e documentazione. Questo significa che il CIPA diventa “di fatto” una misura di censura che riguarda tutti e non solo i minori, come invece viene sostenuto.

E ‘ noto da tempo che i programmi di filtraggio sono estremamente approssimativi e, recentemente, uno studio di “Peacefire” arriva a queste conclusioni: la nostra ricerca sui programmi di filtraggio ha dimostrato che nessuno di essi ha una percentuale di errori minore del 20% e due di essi arrivano a circa l’80%. Vale a dire che se un software blocca 100 siti è possibile che 80 di essi siano perfettamente innocui. Le liste di blocco preparate da esseri umani hanno una percentuale di errori molto più bassa, minore dell’1%, spesso dovuta ad errori di trascrizione degli URL. La conclusione è che qualcuno dei programmi blocca moltissimo materiale innocuo e che la maggior parte dei siti bloccati non sono mai stati visitati dallo staff per assicurarsi che fossero davvero dannosi.

Naturalmente, negli Stati Uniti, il dibattito si avvia a diventare infuocato e intanto, sempre a dicembre ma dalle nostre parti, l’Unione Europea ha stanziato 5 milioni di Euro per finanziare i progetti delle aziende impegnate nel rendere più sicura la rete per i bambini.

Giuseppe

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Pubblicato il
13 gen 2001
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