Random030/ I pericoli della satira

Random030/ I pericoli della satira

Bonsai Kitten ha inorridito tutti con uno scherzo pesante? Che dire allora del pamphlet di Jonathan Swift, che consigliava di rimediare ai morsi della fame mordendo i neonati al di sotto di un anno d'età? L'e-morale di massa
Bonsai Kitten ha inorridito tutti con uno scherzo pesante? Che dire allora del pamphlet di Jonathan Swift, che consigliava di rimediare ai morsi della fame mordendo i neonati al di sotto di un anno d'età? L'e-morale di massa


Web – Nel 1729, Jonathan Swift, l’autore de “I viaggi di Gulliver”, scrisse “Una modesta proposta per impedire che i bambini irlandesi siano a carico dei loro genitori o del loro paese e per renderli utili alla comunità” . Un pamphlet che sarebbe diventato un famoso esempio di satira politico-sociale. La “proposta” era la seguente: per far fronte alla dilagante povertà della popolazione irlandese ed al rapido incremento del numero dei poveri, veniva consigliato di usare come cibo i bambini al di sotto di un anno di età. Il testo contiene una disamina dell’economicità della proposta e si addentra anche in particolari, per così dire, gastronomici.

Trecento anni dopo se qualcuno mettesse su un sito web una proposta di questo tenore, magari anche con dei fotomontaggi di bambini allo spiedo, rischierebbe certamente di passare un brutto quarto d’ora, nonostante l’evidenza della provocazione. Già immaginiamo l’indignazione trasmessa attraverso telefoni di tutti i colori e la schiera di persone che non riuscirebbe a vedere un palmo oltre il proprio naso.

Esagerazioni? Non tanto se si prova a rileggere, dopo questa premessa, il caso di “kitten bonsai” che ha appassionato nelle ultime settimane molti internauti italiani.

Già da qualche tempo era stato segnalato su numerose liste di discussione e newsgroup statunitensi l’esistenza di un sito che pretendeva di mettere in vendita dei “gattini in bottiglia” e già si era scatenata una furibonda campagna capeggiata dalle associazioni in difesa degli animali con lo scopo di farlo chiudere.

Quando, con il solito ritardo, l’eco di questa storia ha raggiunto i nostri lidi, la reazione non è stata diversa e, per più di una settimana, si sono potuti leggere messaggi indignati sia sui newsgroup che su molte liste di discussione.

Poche, anzi pochissime, sono state le voci di coloro che segnalavano l’evidenza, vale a dire che il sito era – chiaramente – uno scherzo, di pessimo gusto ma uno scherzo, nel quale erano cascati tutti in fila indiana come i ciechi del quadro di Bruegel.

Sarebbe bastata una lettura attenta delle pagine, che non si fermasse all’orrore delle foto, per capire immediatamente che l’autore della burla aveva inventato tutto di sana pianta e sarebbe bastata una conoscenza del funzionamento di Internet per evitare di pubblicare nome ed indirizzo (fasulli) del proprietario del dominio.

Ma la cosa più preoccupante non è stata l’incompetenza tecnica delle persone quanto la cecità assoluta di coloro che hanno scritto, senza vergogna frasi di questo genere: “anche se il sito è un hoax va chiuso lo stesso perché potrebbe esserci qualche maniaco invogliato a mettere dei gattini in bottiglia”, “il proprietario del sito è un cinese (sic!) ed è noto che i cinesi trattano male gli animali”.

La reazione mette, ancora una volta, faccia a faccia due visioni diverse della Rete.

La prima, che si potrebbe definire quella “classica”, legata all’Internet storica, alla libertà di parola e contro ogni censura di espressioni del pensiero. La seconda, che si potrebbe definire “moderna”, che subisce pesantemente l’influsso dei mezzi di comunicazione e delle mistificazioni ad essi legate.

A questo si va ad aggiungere il mito della “velocità”: la necessità di “fare presto” ricorre quasi sempre nei messaggi delle persone impegnate per la chiusura del sito incriminato, che – mai come in questo caso – va a totale scapito del ragionamento e della saggia regola, valida su Internet ma anche nella vita reale, di pensare prima di agire.

Il sito è attualmente chiuso e chi l’ha visto non può non concordare sul fatto che l’insieme di testo ed immagini fosse decisamente disgustoso ma, e qui sta il punto, non più di quanto dovesse apparire la “modesta proposta” di Swift ai suoi contemporanei. Il povero Swift oggi avrebbe un bel dire, per difendersi, che aveva come unico scopo quello di sollevare il problema dell’estrema indigenza delle classi povere e che aveva scelto per la sua protesta il metodo dell’ironia e del paradosso.

Verrebbe accusato delle peggiori nefandezze: pedofilia, cannibalismo, razzismo, e via dicendo e ci sarebbero sicuramente molti tra gli utenti di Internet che proporrebbe di denunciarlo alle autorità o di attaccarlo con un netstrike.

Giuseppe

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Pubblicato il
27 gen 2001
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