Roma – Fare dell’ironia sul funzionamento del servizio postale italiano è fin troppo facile, visto che periodicamente compaiono notizie su cartoline consegnate dopo 40 anni o su quintali di corrispondenza scomparsa e, molto probabilmente, ognuno di noi potrebbe raccontare agli altri una sua disavventura legata al dis-servizio postale.
Ma il mondo cambia, le vecchie PPTT si sono trasformate in “Poste Italiane SpA” ed hanno avviato massicce campagne pubblicitarie su tutti i maggiori mezzi di informazione tese a presentare il “volto nuovo” del servizio mettendo una particolare enfasi sui servizi disponibili on-line.
A proposito del rapporto tra Rete e Poste, continua, da più di un anno, la controversia con Discovogue riguardante l’assegnazione di 3 nomi di dominio (tra i quali “bancoposta.it”) e il 14 febbraio scorso, il Tribunale di Modena ha depositato una sentenza con la quale viene negato ancora, per l’ennesima volta, a Poste Italiane l’uso esclusivo dei nomi contesi.
Sembra insomma che le Poste abbiano puntato molto del loro rilancio sui servizi di Rete e, infatti, visitando il loro sito, che, sia letto senza ironia, è di una lentezza spaventosa, si ha l’impressione di trovarsi davanti ad una impresa pilota della new-net-economy:
Postemail (e-mail gratis), Telegramma (spedizione telegrammi), Interposta (spedizione di una lettera da un e-mail), Bollettini (pagamenti bollettini di ccp), Banco Posta Online (gestione conto), Dovequando (cerca lettere e pacchi), Cerca CAP (cerca Codice di Avviamento Postale), Cerca Uffici Postali, eboost (e-commerce), Postepay (pagamenti sicuri), Postecert (firma digitale).
Alcuni di questi servizi possono essere usati da chiunque abbia un collegamento Internet e una carta di credito; gli altri sono riservati a coloro che hanno un conto corrente postale e che hanno richiesto anche l’uso dei servizi di tipo BPOL (Banco Posta On Line) in un qualsiasi Ufficio Postale. O almeno questo è quello che si legge sulla pubblicità.
In realtà il servizio BPOL deve avere qualche difficoltà, e di non poco conto, se ci sono utenti che hanno richiesto l’attivazione del servizio nell’agosto del 2000 e che ancora non l’hanno ottenuta, nonostante siano passati oltre sei mesi. In attesa di poter godere dei tanto pubblicizzati benefici della gestione del conto in Rete, i mail di sollecito ricevono risposte di questo tipo:
Gentile Signor (…),
in riferimento alla Sua e-mail del (…), nello scusarci per non aver ancora attivato il Suo BPOL, La informiamo che i lunghi tempi di attesa, da Lei giustamente lamentati, sono stati causati dalle numerosissime richieste pervenute. Al riguardo, Le comunichiamo che stiamo già provvedendo ad attivare procedure adeguate per velocizzare l’attivazione del servizio. Nel rinnovarLe le nostre scuse, cogliamo l’occasione per porgerLe distinti saluti.
Il mail riportato sopra risale all’inizio di gennaio ma a tutt’oggi, dopo due mesi, del risultato di queste “procedure adeguate” non si vede traccia alcuna. E un servizio “on-line” che per essere attivato ci mette più di sei mesi somiglia moltissimo ad una barzelletta.
Che le Poste abbiano sempre funzionato male è un luogo comune, che però la “nuova” gestione si sia immediatamente adattata ai peggiori modi di fare della cosiddetta New Economy è un fatto innegabile.
La “scusa” trovata per giustificare il dis-servizio del tanto pubblicizzato BPOL è identica a quella di molte delle net-imprese che lanciano un servizio appetibile a prezzi stracciati e che poi, “travolte” dal successo (insperato?) dello stesso, non riescono a sostenerlo e si ritrovano a dover fare i conti con centinaia o migliaia di utenti imbufaliti che difficilmente ottengono quello che la pubblicità aveva promesso loro e che spesso hanno anche pagato in anticipo.
Ne sanno certamente qualcosa gli utenti della flat di quel noto ISP italiano che in queste ultime settimane stanno vivendo, a quello che si legge in Rete, dei grossi problemi di collegamento causati dai “troppi” clienti.